Presidente della Repubblica

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cagliariglobalist – Segni, il presidente silenzioso

da Cagliari Globalist – 29 gennaio 2015

La Sardegna ha dato all’Italia due presidenti della Repubblica: Antonio Segni e Francesco Cossiga. Due personalità e due storie al Quirinale diverse tra loro.

Segni, il presidente solitario. Il quarto Presidente della Repubblica della storia italiana, per due volte presidente del Consiglio (primo governo centrista con Dc-Psdi-Pli) e ministro in cinque esecutivi fu il primo candidato ufficiale della Dc a uscire vittorioso alla votazione anche se i democristiani non votarono mai compatti: alcuni voti arrivarono anche al presidente uscente Gronchi, Piccioni, Merzaroga.

Perché Segni? Aldo Moro, segretario della Dc, vedeva nel conservatore sassarese una figura necessaria per rassicurare le correnti di destra della Democrazia Cristiana e una possibile apertura politica del Partito Socialista con una candidatura in parallelo con quella di Saragat, congelata dallo stesso candidato durante le votazioni presidenziali. I racconti dell’epoca parlano di forti scontri tra Togliatti, Leone e Moro e di una telefonata del cardinal Montini, futuro Paolo VI, a favore del sassarese. Segni, sempre in testa nei primi otto scrutini fu eletto alla nona votazione con una maggioranza risicata: 443 voti su 842 contro i 334 di Saragat e 51 schede bianche.

Le cronache dell’epoca raccontano di Segni come di un presidente solo e la sua breve presidenza viene ricordata per il “Piano Solo”, protagonista il generale De Lorenzo, che prevedeva l’individuazione di 731 uomini politici e sindacalisti di sinistra e il loro trasferimento in una base Nato in Sardegna, l’occupazione delle sedi dei giornali di sinistra e, nel caso di manifestazioni filocomuniste, l’intervento dell’Arma. Tra i punti anche il presidio della tv di Stato. Sono ancora le cronache di giornalisti come Galli e Montanelli a raccontare che nelle intenzioni di Segni non c’era nessun colpo di Stato ma solo l’idea di usare il golpe per mettere paura ai partiti e per far retrocedere il centrosinistra.

La storia di Segni al Quirinale termina il 6 dicembre del 1964 con le dimissioni volontarie. Il 7 agosto del 1964, durante una accesa discussione con Saragat e Moro, il Presidente fu colpito da una una trombosi cerebrale. Al fatto, seguirà l’accertamento di impedimento temporaneo che portò, tre giorni dopo, il Presidente del Senato, Cesare Merzaroga ad assumere le funzioni ordinarie di supplente.
Segni morì a Roma il 1 dicembre del 1972.

cagliari globalist – Si vota per l’Europa

da Cagliari Globalist – 25 maggio 2014

Il grande giorno è arrivato. Dalle ore 07.00 urne aperte per eleggere i 73 rappresentanti italiani al Parlamento Europeo. Mai come in questa occasione, il voto rappresenta un test importante per i partiti. Il rischio astensionismo è dietro l’angolo. Pare però che le elezioni europee non interessino agli italiani. Numeri alla mano, in trentanni, dal 1979 al 2009 sono stati persi quasi venti punti percentuali (19,56%).

Europee o poltiche? Negli ultimi giorni di campagna elettorale tanti big della politica nostrana hanno catalogato queste consultazioni europee come un banco di prova nazionale per la tenuta della maggioranza di governo. Una campagna dai toni forti: provocazioni, botta e risposta tra leader e personaggi più o meno noti della politica. Dalle scorse politiche sono passati solo sedici mesi ma possiamo contare su due premier, Letta e Renzi e sulla riconferma del presidente Napolitano dopo il no a Marini e soprattutto Prodi. C’è chi, domani, è pronto a gridare sotto il Quirinale per chiedere che il Presidente della Repubblica lasci l’incarico, chi vede già un possibile rimasto di governo e chi vorrebbe tornare alle urne, ancora una volta. Per non perdere il gusto di tornare al voto. Una cosa è sicura: lunedì saranno tutti arrabbiati con se stessi e contro i loro avversari.

Tutti in tv. Forse. La campagna elettorale che si è conclusa poco più di ventiquattro ore fa ha visto il prevalere della tv sulla rete. Non a caso tutti, anche quelli che avevano detto che non sarebbero mai andati in un salotto televisivo, hanno fatto la loro comparsa con buona pace degli elettori e dell’auditel. Ad un occhio ben attento però non sfugge che sono stati soltanto tre i partiti di cui si è ampiamente parlato in queste ultime settimane. Peccato, perché [url”le liste in campo sono otto”]http://cagliari.globalist.it/Detail_News_Display?ID=103723&typeb=0&Europee-2014-Sicilia-Sardegna-tutti-i-candidati-[/url] e tutte con pari dignità politica. Forse bisognava far parlare tutti per far conoscere agli elettori quali sono le idee politiche delle forze in campo perché non basta internet per farsi pubblicità elettorale. Anche una “comparsata” in tv, non solo nelle tribune politiche organizzate dalla Rai, fa recuperare il voto degli indecisi.

Dov’è l’Europa? In questa campagna per le europee la grande assente è stata l’Europa. La gran parte dei politici ha parlato solo e soltanto di ciò che farà per l’Italia nei prossimi mesi dimenticandosi che le consultazioni servono per eleggere 73 cittadini italiani che faranno parte di un Parlamento Europeo con compiti precisi e sconosciuti a tanti italiani. Forse l’argomento poteva essere approfondito meglio magari dando, anche nei tg, meno spazio alla cronaca e più minuti all’informazione politica.

I non votanti I leader e gli analisti politici sono preoccupati per la percentuale di italiani che non andrà a votare. Sono tanti gli scontenti, i delusi, quelli arrabbiati e indecisi sino all’ultimo. Gran parte degli italiani non vuole più andare alle urne, perché “tanto le cose non cambieranno”, perché “decidono sempre i soliti”, perché “non ne vale più la pena”. La cosa che rammarica di più è che tra i tanti che la pensano così ci sono parecchi giovani stanchi della mala-politica gli stessi che si lamentano se le strade della loro città sono piene di buche, dei servizi che non ci sono. Tra questi anche quelli che non possono avviare o tenere in vita una azienda perché lo Stato, la Regione o i Comuni non riescono ad utilizzare i fondi europei, quelli che arrivano dall’assemblea che sta per essere votata dagli italiani che si recheranno al voto. Niente da fare. Per loro sarà un 25 maggio come tanti altri.

I dati Torniamo indietro nel tempo. La prima elezione per il Parlamento Europeo risale al 10 giugno 1979. In Italia c’erano ancora Dc, Pci e Psi. I votanti furono 36 milioni (86,12%). Nella circoscrizione Italia Insulare, a votare fu il 75,87%. A vincere questa tornata fu la Democrazia Cristiana (36,49 sul dato nazionale e 40,70% nelle isole. Nella provincia di Cagliari vinse il PCI (36,67%)
Si avanza di cinque anni: 18 giugno 1989. Media nazionale: 81,66%, nelle isole vota il 73,96%. La Dc è il primo partito sia in Italia (32,95%) che nella circoscrizione isolana (35,55%).
Avanti di altri quattro anni. 12 giugno 1994. Alle Europee vota il 74,65%, nella Circoscrizione Sicilia-Sardegna i votanti sono il 71,87%. Forza Italia conferma l’annata vincente imponendosi con il 30,60% nella media nazionale e con il 36,20% nelle isole.
Quarta chiamata europea al voto. E’ il 13 giugno 1999. Il dato nazionale parla di un 70,81% mentre la circoscrizione Sicilia-Sardegna si attestò sul 62,54%. Forza Italia si conferma il primo partito con il 25,18% e 27,54%
Il 12 giugno del 2004, il dato nazionale si fermò al 73,09%, la circoscrizione Isole al 63,99%. L’Ulivo vinse con il 31,09%, 27,25% nelle isole.
Nell’ultima tornata europea, il 7 giugno del 2006, la percentuale per il nazionale fu del 66,47%, il dato complessivo sulla circoscrizione Isole è del 47,14%. Doppia vittoria per il Popolo delle Libertà (35,26% e 34,46%), dietro il Pd (26,13% e 24,95%).
I dati parlano chiaro. In trent’anni, la percentuale di votanti è scesa quasi del 20%. L’Italia e la Sardegna si sono disaffezionate al voto. Alle elezioni politiche del 2013, il dato nazionale alla Camera parla del 75,20% di votanti, al Senato il 75,11% (68,32% e 68,50% in Sardegna), quasi cinque punti in meno rispetto al 2008 (80,51% alla Camera e 80,40% per il Senato)
I dati delle ultime regionali non fanno altro che confermare il trend negativo: alle urne è andato soltanto il 52,28% dei sardi. Piccola curiosità: per la prima volta, l’elezione europea avviene nel mese di maggio.

Andiamo a votare Al di la degli appelli politici dell’ultima ora, degli sms che ti ricordano che oggi si vota dalle 07.00 alle 23.00, sarebbe bello convincere i non elettori ad andare a votare. Perché, visti i tempi che corrono, a qualcuno prima o poi verrà l’idea di toglierci anche questo piccolo diritto e dovere politico. Quello di essere elettori ed eletti. Di rappresentare la nostra città e la nostra nazione come faranno i 73 italiani. Spieghiamo a chi vota per la prima volta cosa vuol dire buttare dentro l’urna quella scheda, qualsiasi partito o movimento si intenda votare.

Oggi l’applicazione facebook “Sono un elettore” ci dirà quanti nostri amici virtuali andranno a votare. Secondo i dati forniti dall’istituto Capgemini, l’uso della tecnologia e l’utilizzo dei dispositivi mobili aumenterebbe la percentuale di votanti per le Europee. Per ora, restiamo tradizionalisti, prendiamo la nostra scheda elettorale e andiamo a votare.