Cagliari

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Il santino di Gigi Riva

Passano i portafogli ma la figurina resta. Tra carta d’identità, biglietti e scontrini, spunta lui: (San) Gigi Riva da Leggiuno. Non si sa che effetto abbia nella vita di tutti i giorni ma quella action figure sta li e non si sposta. Sulla parte davanti della figurina una immagine di Luigi Riva con la maglia della nazionale contro una squadra in maglia rossa e dietro alcune note biografiche:
“Nato a Leggiuno il 7 novembre 1944. Ala. Presenze: 42. Gol 35.
Esordio: Ungheria-Italia 2-1 27 giugno 1965
Ultima gara: Italia-Argentina 1-1 19 giugno 1974.
Segue un breve racconto: “Tra i più forti attaccanti del calcio italiano, autentico trascinatore in campo non lesinava in generosità ed entusiasmo. Due gravi infortuni, entrambi in Nazionale, gli hanno impedito di migliorare il suo curriculum che comunque lo gratifica del titolo del miglior bomber in assoluto con 35 reti. Campione d’Europa nel 1968”. Sintesi perfetta.

Riva un po’ come un santo protettore. Come mito, “Il Mito”, per i tifosi del Cagliari e per gli amanti del calcio. Si racconta che alla fine degli anni sessanta molte ragazze dormissero con l’icona di Gigi Riva accanto al letto: un suo primo piano in la maglia bianca con lo scudo con i quattro mori o la magica rovesciata a Vicenza non cambia. L’immagine resta li.

Domenica sera, prima della gara contro la Juventus, Gigi Riva tornerà al Sant’Elia, a dodici anni di distanza da quel 9 febbraio 2005 quando il Cagliari ritirò ufficialmente la maglia numero 11 (con polemiche sullo stile della maglia consegnata: forse sarebbe stata meglio una casacca di lana in vecchio stile e non quella dello sponsor tecnico). Più di recente, lo scorso settembre, è ritornato sul campo da gioco per il saluto commosso a Nené, l’amico di una vita.

Domenica sarà diverso. Se ci saranno lacrime saranno di gioia. Riva riceverà dalla mani del presidente del Coni Giovanni Malagò il Collare d’Oro, la massima onorificenza sportiva assegnata dal Comitato Olimpico Nazionale ad atleti, dirigenti e società che hanno onorato lo sport italiano. “Con Gigi Riva abbiamo voluto premiare la storia di un atleta più unico che raro” ha detto Malagò durante la premiazione a fine 2016 nel Salone d’Onore del CONI. “Ho promesso che con l‘anno nuovo glielo porterò di persona com’è giusto che sia”. Detto, fatto.

Riva riceverà l’onorificenza prima della gara contro i bianconeri. Una sfida che per i rossoblu non è mai banale. Non lo era tra fine degli anni Sessanta e Settanta quando il numero 11 e gli altri grandi davano filo da torcere alla Vecchia Signora e facevano gioire i sardi emigrati al Nord Italia e non lo è stato neppure negli anni seguenti. Le statistiche dicono che il Cagliari neopromosso non abbia mai perso al Sant’Elia contro la Juve: ultima sfida nel gennaio 2005 quando Gianfranco Zola salì più in alto di Zebina e Thuram e batté Gigi Buffon sotto la Curva Nord.

“Il Mito”, “Rombo di Tuono” come lo ribattezzò Gianni Brera è rimasto qui a Cagliari, in Sardegna. La stessa isola che, quando arrivò nel 1964, era convinto fosse l’Africa è rimasta la sua terra, quella dove sentirsi protetto. Riva è l’icona di una generazione. E’ una bella storia di sport che si tramanda di padre in figlio. I padri raccontano che lui abbia rifiutato i milioni offerti dalla Juventus di Agnelli per stare qui. Nel calcio di oggi dove tra scontri, risse, polemiche arbitrali non si gioca più e nella Sardegna da cui si fugge, “Rombo di tuono” è il simbolo di un’isola e di un calcio che vuole restare qui.
Nessuno come lui. Nessuno come Gigi Riva.

P.S. In un articolo di Paolo Condò de “La Gazzetta dello Sport” su Gigi Riva, il giornalista ricorda che una delle regole di vita non scritte consiglia di evitare l’incontro con i propri miti perché non potranno che deluderti. Bene, ora vi confesso una cosa: non ho mai incontrato “Il Mito”. L’ho sentito una sola volta telefonicamente nel 2010 per fissare una intervista a quarant’anni dallo scudetto e poi più nulla. Mi dicono: “Vai nel ristorante dove lui mangia” oppure “Lui abita li vicino, passa e lo incontrerai”. La mia paura più grande è restare deluso da quell’incontro ma prima o poi quella action figure avrà il suo autografo.

Claudio Ranieri, da Lamezia a Leicester: 16722 chilometri per diventare campione

16722 chilometri: dallo stadio Guido d’Ippolito di Lamezia Terme al Leicester City Stadium, casa dei Foxes. Immaginate Claudio Ranieri, classe 1951, davanti a Google Maps mentre calcola la distanza da una casa calcistica all’altra della sua carriera: dai campi di periferia di Lamezia e Pozzuoli, passando per il Sant’Elia di Cagliari, il San Paolo di Napoli, il Franchi di Firenze, poi Mestalla a Valencia, il Vicente Calderòn dell’Atletico Madrid, lo Stamford Bridge del Chelsea, ancora il Mestalla e poi il Tardini, l’Olimpico di Torino e quello di Roma, San Siro, il San Luis II di Montecarlo, lo stadio Karaiskakis di Atene e infine lo stadio dei campioni d’Inghilterra in una città con trecentomila abitanti capoluogo della contea del Leicestershire, nella regione delle Midlands Orientali e una squadra capace di battere i grandi e ricchi del calcio e scrivere una bellissima pagina di sport.

Palmares. Per il tecnico romano – mister in cinque nazioni diverse – lo storico scudetto con le volpi è il primo campionato di massima serie vinto in ventinove anni da allenatore. Nel suo palmares, quattro promozioni – due con il Cagliari dalla C1 alla A in due anni, stagioni 1988/1990 – una con la Fiorentina (1993/1994) e una con il Monaco (2012/2013). Il suo titolo di maggior prestigio era la Supercoppa Europea conquistata nel 2004 con il Valencia. Con i bianchi ha vinto anche una Coppa di Spagna (1998/1999) e una Coppa Intertoto (1998). L’allenatore ha vinto Coppa Italia e la Supercoppa Italiana con la Fiorentina (stagione 1995/1996). Per chiudere, la Coppa Italia di Serie C con il Cagliari nella stagione 1988/1989 giocata allo Stadio Amsicora vista la ristrutturazione del Sant’Elia per i mondiali 1990.

Cagliari.Cagliari fu l’inizio del sogno. Salimmo dalla terza serie alla serie A. Quegli anni mi diedero la possibilità di essere dove sono oggi. Non sarò mai abbastanza grato” ha dichiarato mister Ranieri, nel giorno del trionfo, in una intervista al Fatto Quotidiano. Il legame tra il tecnico romano e la squadra che l’ha fatto conoscere nel calcio italiano è ancora forte. Per i tifosi rossoblu, Ranieri resta l’allenatore che ha riportato il Cagliari in serie A dopo due promozioni consecutive, impresa riuscita a sole diciassette squadre nella storia del calcio tricolore. Rossoblu e blu insieme per festeggiare la promozione in A e la Premier League. Potrebbe essere un nuovo regalo dell’allenatore ai tifosi cagliaritani.

L’uomo dei secondi posti. Per tre volte nella sua carriera, Ranieri ha sfiorato l’impresa di vincere lo scudetto. Il suo primo secondo posto lo ha collezionato nel 2003/2004 sulla panchina dei blues anno della semifinale di Champions League persa contro il Monaco, prima dell’arrivo di Mourinho e Abramovich. Secondo posto anche con la Roma con 80 punti nel 2009/2010 a meno due dall’Inter. Altro secondo posto con il Monaco (campionato 2013/2014) alle spalle del PSG. Importante è la stagione 2006/2007 quando dopo due anni di inattività e a dieci anni dall’ultima esperienza su una panchina italiana accetta la proposta del presidente del Parma e salva i gialloblu con 27 punti in 13 gare

Indeciso e deluso. “I’m tinckerman”, Io sono un indeciso. E’ stato lo stesso tecnico romano ad ammetterlo quando allenava i blues. Il soprannome è piaciuto parecchio agli inglesi ed è rimasto un modo per chiamare Ranieri negli ultimi anni (il Finalcial Times l’ha usato per titolare un articolo su di lui lo scorso fine settimana). In questa stagione però, il nomignolo si è trasformato in “Thinkerman”, il pensatore. Per il tecnico romano, sei esoneri (Napoli, Valencia, Juventus, Inter, Monaco e nazionale greca) e due dimissioni (Atletico Madrid e Roma). Nel giugno del 2014 viene chiamato dalla nazionale greca per portare gli ellenici agli europei francesi del 2016. Il bilancio delle quattro gare è negativo: un pareggio e tre sconfitte. In Grecia è stato definito impreparato. Dopo lo 0-2 casalingo contro l’Irlanda del Nord, un quotidiano online ha titolato: “Ma che cazzo?”. Non meno pesanti i giudizi dopo la sconfitta contro le isole Far Oer che gli è costata la panchina: “La morte del calcio”, “Ci ha distrutti”, “Ranieri è finito e dovrebbe dimettersi”. Dopo un anno però arriva la chiamata del Leicester, undici anni dopo l’ultima esperienza inglese con il Chelsea. “Ranieri è un uomo di notevole esperienza e cultura e ci condurrà nella prossima fase del nostro progetto a lungo termine” aveva detto il vicepresidente dei Foxes, Aiyawatt Srivaddhanaprabha, lo scorso luglio.

Miracolo Leicester. “Il progetto del presidente è quello di salvare quest’anno il Leicester e l’anno prossimo lentamente raggiungere un’alta posizione in classifica”. Una salvezza tranquilla per costruire un progetto. Nulla di più. E invece la stagione dei Foxes si è trasformata in una cavalcata incredibile. Nell’anno in cui tutte le grandi si sono fermate – Arsenal terza a -10, City a -13 e United quinto a -17 a giocarsi l’ulitmo posto disponibile per la Champions; Liverpool ottavo e Chelsea nono e con Mourinho esonerato a metà campionato – il Leicester è riuscito a tenere duro, a portare a casa 22 vittorie, 11 pareggi e 3 sconfitte frutto di un lavoro collettivo in cui spicca Jamie Vardy, 22 gol in campionato e terzo posto in classifica marcatori e premiato con il titolo di miglior giocatore della Premier League secondo la stampa inglese; Riyad Mahrez, da ala della nazionale algerina a tutto fare in attacco autore di 17 gol, la solidità difensiva di Huth e Morgan, le corse e i polmoni di N’Golo Kantè e Kasper Schmeichel, figlio d’arte tra i pali diventato campione d’Inghilterra ventitre anni dopo suo padre Peter. Ad inizio stagione, i bookmakers quotavano la vittoria del campionato dei Foxes 5000 a 1. Una ventina di scommettitori ci hanno creduto e forse hanno esultato più di Vardy e compagni. Panico tra le agenzie di scommesse che dovranno sborsare circa quattordici milioni di sterline. Intanto aspettiamo che il sindaco della città del Midland, Sir Peter Soulsby, mantenga la sua promessa: intitolare due strade della città a Ranieri e Vardy.

La festa delle volpi. Come hanno festeggiato i giocatori del Leicester il primo titolo nei 132 anni della storia del loro club? Tutti a casa del bomber Vardy. Al triplice fischio finale, il salotto è diventato uno stadio tra calciatori saltellanti e cori. La città si è illuminata a giorno: i tifosi hanno cantato “We are the champions” in una festa iniziata nel bar storico e proseguita davanti allo stadio in un tripudio di birra. Mister Ranieri era a casa sua, a Roma, a cena con la moglie e la mamma come aveva detto al termine della sfida di domenica contro il Manchester United. E’ stato di parola.

Macchinata ignorante. La vittoria del Leicester è stata raccontata passo dopo passo dai social network. Per festeggiare il grande evento, la pagina facebook “Calciatori Brutti” ha organizzato una macchinata per andare in Inghilterra e ringraziare i loro eroi. “La macchinata ignorante – , si legge sul loro sito – per Leicester, comunque deciderete di partecipare, sarà un evento storico ed un’esperienza che porteremo dentro per sempre. Quindi, già adesso, vogliamo dirvi solo una cosa: grazie!”

Una stagione calcistica può cambiare la vita, può farci dimenticare i momenti difficili. Pensate agli scommettitori che hanno creduto nei foxes dall’inizio della stagione; pensate ai tifosi che oggi possono festeggiare un vero miracolo sportivo frutto del lavoro di una squadra che ci ha creduto fino all’ultimo. Pensate a Claudio Ranieri, da “tinckerman” a campione.

Tempi Supplementari – Puntata 18

L’ex giocatore del Cagliari e campione d’Italia con i rossoblu Giuseppe Tomasini; Andrea Loi, Filippo Congiu e Gloria Trabuchi dell’Alfieri Pallavolo Cagliari sono gli ospiti della puntata numero 18 di Tempi Supplementari con Andrea Matta e Laura Puddu andata in onda lunedì 22 febbraio su Radio Golfo degli Angeli.

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Tempi Supplementari – Puntata 17

I commenti dopo la vittoria contro il Latina e le interviste a Silvia Farigu e Valentina Cabras pluricampionesse di kick boxing e taekwondo nella puntata numero 17 di Tempi Supplementari su Radio Golfo degli Angeli con Andrea Matta e Laura Puddu in onda lunedì 15 febbraio.

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‘L’Algérie sous la plume d’Assia Djebar. Histoire d’une écrivaine et histoire d’un peuple’

da radiogolfodegliangeli.it 

La Sala Settecentesca della Biblioteca Universitaria e l’Aula Magna dell’Ex Facoltà di Lingue e Letterature Straniere ospiteranno nelle giornate di venerdì 5 e sabato 6 febbraio il convegno internazionale L’Algérie sous la plume d’Assia Djebar. Histoire d’une écrivaine et histoire d’un peuple” che celebrerà la figura di Assia Djebar a un anno dalla sua scomparsa.

Scrittrice, poetessa, saggista, accademica, regista e sceneggiatrice, Assia Djebar – una delle figure più carismatiche della galassia francofona  – è stata spesso presentata come una delle prime donne algerine ad aver avuto il coraggio di scrivere. Nei suoi racconti c’è l’Algeria presa d’assalto, conquistata e poi liberata.

Ricerca identitaria, oralità, linguaggio del corpo, storia e memoria del popolo algerino saranno tra i temi più importanti affrontati durante la due giorni cagliaritana che inizierà venerdì alle ore 8.30 con i saluti delle autorità e proseguirà fino alle 18.30 con le prime quattro sessioni presiedute da Giovanni Dotoli (Università di Bari Aldo Moro – CCFS Paris), Claudia Cana Fautré (Università di Cagliari), Mario Selvaggio (Università di Cagliari) e Encarnacion Medina Arjona (Universidad de Jaén). Alle ore 18.20, la lettura poetica “Poesia per l’Algeria felice” a cura di Mario Selvaggio, Claudia Canu Fautré e Susanna Seoni e alle ore 18.40, la presentazione del libro di Giovanni Dotoli dal titolo “Dialogue avec Assia Djebar” 

Sabato 6, nell’Aula Magna dell’ex Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, a partire dalle ore 8.30, il convegno proseguirà con la quinta e la sesta sessione presiedute da Bernard Urbani (Université d’Avignon) e Marie-France Borot (Universidad de Barcelona). La chiusura dei lavori è prevista per le ore 13.30.

cagliari globalist – Auguri Gigi Riva, simbolo e mito di un’isola

da Cagliari Globalist – 6 novembre 2014

164 gol in campionato con la maglia del Cagliari, 35 con l’azzurro della nazionale. Tre volte primo nella classifica cannonieri. Un secondo e un terzo posto nella classifica del Pallone d’Oro. Primo giocatore dei rossoblu a indossare la maglia della nazionale. Nessuno come lui. Nessuno come Gigi Riva. Venerdì 7 novembre, “Il Mito” compie 70 anni.

Riva è uno dei quei giocatori che sta al calcio come la Settimana Enigmistica sta ai periodici di cruciverba: entrambi vantano innumerevoli tentativi di imitazione. Ogni volta che nel calcio di oggi, senza bandiere ne colori, salta fuori un numero 11 forte e possente che calcia di sinistro si parla subito di un nuovo “Gigi Riva”. Gli amanti del calcio e i tifosi del Cagliari sanno bene che nessuno sarà come lui. La festa sarà grande, gli arriveranno (o forse sono già arrivati) gli auguri del mondo di tutto il mondo del calcio e se avesse un contatto con i social network si renderebbe conto dell’amore che i tifosi hanno ancora per lui, che da giorni pubblicano le sue foto e i suoi video, anche se sono passati quarantaquattro anni dallo scudetto, anche se i campioni di quel Cagliari sono stati allontanati dallo stadio per venti anni.

La città Cagliari l’ha adottato nel 1963 e lui ha ricambiato l’affetto della piazza non lasciando mai l’isola. Eppure lui in Sardegna non ci voleva venire. Come racconta in una intervista ad Alberto Cerruti della Gazzetta dello Sport, appena vide le luci del golfo di Cagliari si lasciò scappare un “Quella è l’Africa”, poi, come se non bastasse, vide l’Amsicora senza un filo d’erba. L’argentino Longo lo prese sotto la sua protezione e da li la sua storia isolana iniziò.
Nell’eterno ringraziamento per il miracolo del 1970, la città l’ha sempre difeso anche quando gli affari non andavano bene. Nel 2005, l’ex sindaco Emilio Floris gli ha consegnato la cittadinanza onoraria. Nell’epoca dei social e delle condivisioni, basterebbe una foto che mostra una persona in difficoltà per creare un caso. Il cagliaritano non lo farebbe mai e riserverebbe ai colpevoli dello scempio critiche e rabbia perché “Il Mito” non si tocca.

Le squadre Dopo una stagione nel Legnano, l’uomo arrivato da Leggiuno, ha giocato con due maglie: quella rossoblu e quella azzurra della nazionale, croce e delizia per i due infortuni che hanno compromesso la sua carriera ma che gli ha regalato il successo europeo nel 1968 e dopo due anni, con gli stessi compagni di squadra e con il blocco-Cagliari, il secondo posto nel mondiale del 1970 con un gol nella partita del secolo Italia-Germania 4-3.
Con la maglia del Cagliari, Riva ha passato tredici anni da calciatore. Anni storici. Prima con il mister Silvestri per la prima storica promozione in serie A. Poi arrivò Manlio Scopigno. Lui e suoi i ragazzi hanno fatto crescere il fenomeno Cagliari, lo hanno fatto diventare un mito collettivo per la Sardegna e per tutti i sardi che stavano nella penisola e appena arrivava la loro squadra del cuore partivano alla volta degli stadi di turno. Il 12 aprile 1970 si compie il miracolo sportivo e il Cagliari diventa campione d’Italia in uno stadio Amsicora stracolmo. Nella stagione successiva, i rossoblu giocano per la prima volta una coppa europea e lo fanno al Sant’Elia Il sogno dura poco ma Riva riesce a segnare 3 gol in tre partite. Nel 1976, dopo un contrastro con il milanista Bet, “Il Mito” subisce un grave strappo muscolare e per lui, dopo il breve tentativo di rientro nella rosa nella stagione successiva le luci del campo si spengono.
Finito il gioco in calzoncini corti arriva il momento dei giovani, della sua scuola calcio. Torna alla presidenza del Cagliari nella stagione 1986-87. Piccola esperienza finita presto. Nel suo continuo alternarsi tra azzurro e rossoblu, dal 1990 al 2013 è dirigente accompagnatore della nazionale diventando il “padre” di tutti gli azzurri. Ha parlato con loro, ha mediato, ha detto la sua senza mai alzare la voce davanti ai microfoni. Signore anche dietro una scrivania.

Numero 11 Martedì 9 febbraio 2005, nel giorno del ritorno dalla nazionale italiana a Cagliari dopo un esilio durato tredici anni, “Il Mito” torna in campo allo stadio Sant’Elia e insieme ai suoi compagni storici del 1970 ritira la maglia numero 11. Qualcuno polemizzò sullo stile della casacca: forse sarebbe stato meglio consegnarli una maglia retrò, una di quelle in lana, pesanti ma pur sempre degli anni settanta. La maglia numero 11 non sarà indossata da nessun altro giocatore. L’ultimo calciatore ad averla addosso fu Rocco Sabato. Tutt’altro calcio.

Santo protettore Ognuno ha il suo santo protettore. Alla fine degli anni sessanta, si racconta che molte ragazzine dormissero con l’icona di Gigi Riva accanto al loro letto. Ora, molti tifosi rossoblu, dentro il portafoglio, accanto ai loro cari tengono una figurina di Rombo di tuono. Figurine trovate in qualche giornale in cui l’ala sinistra indossa la maglia della nazionale. Non si sa che effetti abbia il santino di Riva nella vita di tutti i giorni ma sta di fatto che quella figurina sta li e non si sposta. Passano i portafogli ma la figurina resta.

Leggenda del calcio, simbolo di uno scudetto e di un nuovo periodo per l’isola, “Il Mito” arriva a quota 70 anni e festeggerà come sempre, in maniera riservata, frequentando gli stessi posti insieme ai suoi cari. I tifosi che lo incontreranno gli faranno gli auguri e qualcuno si fermerà per chiedere una foto o un autografo. Tra loro ci sarà chi non lo farà per rispetto del “Mito” e di una possibile delusione. Alcuni vogliono tenersi per se il ricordo di una figurina, di un video in bianco e nero di quel numero 11 che ha corso per i campi di tutta Italia e che con il suo “Rombo di tuono” ha fatto soffiire gli avversari, perché ricevere uno no dal “Mito” sarebbe come farlo crollare.

Riva è l’icona di una generazione. E’ una bella storia di sport che si tramanda di padre in figlio. I padri raccontano che lui ha rifiutato i milioni offerti dalla Juventus di Agnelli per stare qui. Nel calcio di oggi dove tra scontri, risse, polemiche arbitrali non si gioca più e nella Sardegna da cui si fugge, “Rombo di tuono” è il simbolo di un’isola e di un calcio che vuole restare qui.
Buon compleanno Gigi Riva.

cagliari globalist – Non lasciatevi rubare la speranza, un anno dalla visita di Papa Francesco

da Cagliari Globalist – 22 settembre 2015

Coraggio e speranza. Sono queste le parole chiave della visita cagliaritana di Papa Francesco. E’ passato un anno da quel 22 settembre 2013, giorno in cui la città di Cagliari e la Sardegna intera hanno accolto il Pontefice. Una giornata intensa iniziata con il primo appuntamento nel Largo Carlo Felice per l’incontro con i lavoratori, poi nel Sagrato della Basilica di Nostra Signora di Bonaria per la Santa Messa. Poi il pranzo con i vescovi sardi nel Pontificio Seminario Regionale di Cagliari. L’incontro con i poveri e i detenuti in Cattedrale, con il mondo della cultura nell’Aula Magna della Facoltà Teologica. Chiusura con l’incontro con i giovani, ancora nel Largo Carlo Felice prima del ritorno in Vaticano.

Secondo le stime della Questura sono stati quattrocentomila i fedeli sardi che hanno affollato le strade e le piazza del capoluogo. Imponente anche la macchina organizzativa con 1700 volontari tra soccorritori, operatori tecnici, assistenti, coordinatori; 500 coristi tra Santa Messa ed evento giovani; 600 operatori della stampa accreditati tra giornalisti, fotoreporter, fotografi e tecnici che hanno raccontato la giornata cagliaritana, segno dell’interesse per la visita anche da parte dei media nazionali e internazionali.

La visita era stata anticipata dalle polemiche riguardo la città blindata per motivi di ordine pubblico anche se gli unici veri disagi sono stati registrati nelle ultime ore della giornata con i ritardi dei treni che avrebbero riportato a casa i pellegrini.

A un anno esatto dalla visita del Santo Padre, ecco il nostro speciale con i commenti e le parole del Papa pronunciate nei suoi discorsi cagliaritani. Ai lavoratori, ha ricordato che Dio ha voluto che al centro non ci sia un idolo, ma un uomo e una donna e che quell’idolo si chiama denaro. Ai giovani, ha detto di non lasciarsi rubare la speranza. “Un giovane senza gioia e speranza è preoccupante, non è un giovane”.

cagliari globalist – Ricomincio da tre, bentornato campionato

da Cagliari Globalist – 31 agosto 2014

Ricomincio da tre. Se nel film di Massimo Troisi, il protagonista ricomincia dalle tre cose che sono riuscite bene nella sua vita, la serie A 2014/2015 riparte dalle tre cose peggiori che son capitate tra il finire della scorsa e l’estate calcistica e da tre buoni propositi per il nuovo anno.

Da dimenticare Il surreale pre-partita della finale di Coppa Italia; il fallimento degli azzurri al mondiale brasiliano e le polemiche per l’elezione di Carlo Tavecchio alla guida della Federcalcio.

Non possiamo dimenticarci la guerriglia urbana, gli spari e i trenta minuti che hanno preceduto l’inizio di Fiorentina-Napoli all’interno dello stadio Olimpico con il capitano dei partenopei che ha mediato con gli ultrà, capitanati da Genny ‘a carogna, e la polizia per far si che la partita iniziasse. Tanto rumore e poi l’esultanza come se non fosse successo nulla. Tanti sono i colpevoli in quella vicenda e non solo il tifoso della Roma che ha sparato a Ciro Esposito, morto dopo mesi di agonia. Un altro esempio del calcio che non vogliamo.
Vorremmo cancellare anche la triste esperienza al mondiale brasiliano. Gli almanacchi parleranno di una nazionale uscita con tre punti in tasca e non si ricorderanno del morso di Suarez a Chiellini, alibi per nascondere un mondiale pessimo, giocato male con giocatori senza piglio. Prandelli non poteva fare nulla. Ora la nazionale è ripartita da Antonio Conte che come primo atto ha convocato tanti giovani di belle speranze. Di Balotelli che se ne sta nella nuova casa dorata di Liverpool ora non ci interessa più. Il numero 45 serve solo a fare spettacolo fuori dal campo mentre il rettangolo verde ha bisogno di nuovi eroi.
Una delle frasi che vorremmo cancellare è quella di Carlo Tavecchio pronunciata qualche settimana prima della sua elezione alla guida della Federcalcio: “Le questioni di accoglienza sono un conto, quelle del gioco un altro. L’Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che Opti Poba è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così”. . Speriamo che il nuovo presidente non si lasci andare ad affermazioni o battute troppo infelici per essere vere.

Buoni propositi Ritorniamo al buon Gaetano e alle tre belle da cui ripartire: l’anno zero del Cagliari targato Giulini e Zeman; i nuovi giovani; il nuovo campionato

Per il Cagliari è l’anno zero dell’era Giulini. Il nuovo numero uno dei rossoblu, arrivato dopo ventitré anni di presidenza Cellino ha chiamato il tecnico più “rumoroso” presente sulla piazza: Zdenek Zeman. Grazie al boemo, la squadra è tornata sulle prime pagine del giornali. Dodici i nuovi volti (Colombi, Cragno, Balzano, Benedetti, Capuano, Ceppitelli, Capello, Crisetig, Caio Rangel, Donsah, Farias, Longo) e poi i punti saldi: Conti, Cossu, Pisano, Murru e Sau. Sul Cagliari ci sono tante aspettative. Tanti tifosi e “opinionisti” sono già pronti con le critiche per la prima prestazione negativa salvo poi esaltare il 4-3-3 del boemo.
La speranza del calcio italiano (e di Conte) sono i giovani che si apprestano a giocare la nuova serie A. Detto della “linea verde” del Cagliari, occhio a Belotti, Bernardeschi, Verdi, attaccanti di Palermo, Fiorentina ed Empoli. Poi Berardi (Sassuolo), Baselli (Atalanta), Cristante e Saponara (Milan) e Zaza, fresco di convocazione in nazionale. Da loro deve ripartire il nostro calcio.
La terza cosa da cui ripartire è il nostro campionato sempre più strano, ricco di personaggi pittoreschi – la new entry è il presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero, di giocatori arrivati in Italia dopo una lunga esperienza internazionale come Evra, Vidic, Torres, Keita. Gli appassionati sperano che non siano arrivati qui per svernare a fine carriera ma che possano mettere la loro esperienza a servizio della loro squadra del cuore. Per non farci mancare nulla, ci siamo fatti scappare l’ultimo capocannoniere della A, Ciro Immobile e non è detto che l’ultimo giorno di mercato non ci regali qualche sorpresa negativa.

Il campionato ricomincia anche per noi di Cagliari Globalist. La nostra Laura Puddu è pronta per raccontarci cosa succede nel mondo Cagliari. L’abbiamo fatto dal nostro primo giorno di vita informativa (1 febbraio 2013, Roma-Cagliari) e lo faremo anche oggi mentre siamo immersi nella acque tormentate della crisi.

Siamo pronti per ripartire. Buon campionato a tutti.

cagliari globalist – Social serie A: Cagliari nella top ten

da Cagliari Globalist – 24 agosto 2014

Sui social network, le squadre di Serie A sono già schierate sulla griglia di partenza. Su facebook, il Cagliari parte in quinta fila con il Palermo dopo una lotta all’ultimo like. Su Twitter, via dal diciassettesimo posto mentre su Instagram parte dalla quarta fila tra la lontanissima Fiorentina e l’Atalanta. Il Milan parte dalla pole position.

Le tre social classifiche parlano di un dominio della cinque grandi: Milan, Juventus, Inter, Roma, Napoli, prime in tutte e tre le classifiche, poi la Fiorentina, sesto posto consolidato. Come nel campionato di calcio, dietro le si piazzano le squadre che puntano ad un posto in Uefa: Lazio, Sampdoria, Torino, Verona, Genoa e Cagliari, Palermo e Udinese. Ultime posti per Atalanta, Chievo, Sassuolo e Parma. A chiudere le classifiche le neo promosse Empoli e Cesena.

A una settimana dal calcio d’inizio del massimo campionato italiano ecco i numeri dei social per le venti squadre di Serie A.
Facebook. Il Milan comanda la speciale classifica con 22.396.786 like. Secondo posto per la Juventus sotto di otto milioni di utenti (13.518.689). A seguire, il terzetto composto da Inter (4.097.501 fan), Roma (3.707.131) e Napoli (3.022.710). Dietro di loro il primo grande vuoto con la Fiorentina che segue a 723.726 fans. Poi Lazio (366.489) e il terzetto dei centottantamila: Torino (186.514) e testa a testa tra Palermo (183.767) e Cagliari, decimo con 183.543 like.
All’undicesimo posto segue il Verona (179.661) che distanzia di trentamila utenti Udinese (143.055), il Genoa (141.909) che vince lo speciale derby contro la Sampdoria (139.540). Quindicesima piazza per il Parma (122.190). In piena lotta salvezza, Sassuolo (109.909), Atalanta (87.634). Chiudono Chievo (56.227) e Cesena (21.023).
Ultimo posto per l’Empoli con 3.152 fan per una via di una pagina nata da poco tempo. All’interno delle pagine, i contenuti provenienti dai siti internet. Buona l’interazione con i tifosi.

Twitter. Anche sul social tanto amato dai calciatori vince il Milan con i suoi 2.160.000 follower. Secondo posto per la Juventus con 1.370.000 seguaci. Sul sito di microblogging, le sei sorelle si distaccano parecchio. La terzo posto c’è ancora l’Inter (624.000), poi Roma e Napoli che stanno a quota quattrocentomila (rispettivamente 487.000 e 411.000). Lontanissime le altre squadre tutte sotto i 200mila follower: Fiorentina (186.000); Lazio (172.000).
Ottavo posto per il Genoa (121.000) che precede ancora una volta la Sampdoria (116.000). Testa a testa tra Palermo (112.000), Verona (110.000) e Udinese (109.000) e Parma (108.000). Due squadre appena sopra i 90mila, Atalanta e Chievo, rispettivamente 98.100 e 92.600. Sedicesimo posto per il Torino (73.200). Cagliari sotto i cinquantamila (49.800) prima del Sassuolo (42.000).
Anche in questo caso chiudono Cesena (8.933) e Empoli lontanissimo da tutti a quota 490. Gli account della squadre seguono e ritwittano i post dei loro calciatori.

Instagram. Rossoneri primi anche nel social dedicato alle fotografie con 460.239 seguaci. Nel social più “giovane”, la Juventus è dietro di soli novemila instagrammer (451.292). L’Inter consolida il suo terzo posto con 124.000 seguaci, sotto di trecentomila rispetto al duo di testa ma avanti di quarantamila rispetto al Napoli (82.639), “foto-a-foto” con la Roma (80.162). Lontana la Fiorentina con 21.900 utenti.
Sesto posto per il Cagliari con 9.478 seguaci e vicina a quota diecimila. Dietro al profilo ufficiale dei rossoblu, Atalanta (6.079), un testa a testa tra Parma (5.943) e Palermo (5.389) con il Sassuolo, Lazio e Chievo in crescita (5.306 per i neroverdi, 5.159 e 5.091 per laziali e gialloblu). Quota quattromila per Torino (4.880) e Udinese (4.525). Tremila utenti per Verona (3.755) e Cesena (3.081).
Chiudono la classifica tre squadre sotto il migliaio di utenti: Genoa (796), Empoli (417) e Sampdoria, unica squadra senza un profilo ufficiale ma che conta 384 nell’account dei fan. Tra i contenuti più postati, le foto in arrivo dai ritiri delle squadre di A e le prime immagini delle gare ufficiali.

Lega Serie A. Buoni numeri anche per le pagine ufficiali della Serie A. Con i suoi 2.490.246 like su Facebook e i 266.142 follower classificherebbero la ventunesima squadra al settimo posto tra Napoli e Fiorentina. Settimo posto anche su Instagram: 59.188 per piazzarsi tra Roma e i viola.

Ultimo dato: quasi tutte le squadre di serie A hanno un loro canale YouTube. Alle ore 18 di sabato si parte con Chievo-Juventus. Il campionato sarà, anche quest’anno, una lotta all’ultimo click.

Avvenire Cagliari – Scout e impegno sociale, il coraggio di crederci

da Avvenire Cagliari – 17 agosto 2014

Una carta per sconfiggere l’indifferenza , per vivere la politica in maniera attiva, per intraprendere nuove strade per lottare contro l’omertà e per la legalità. Sono questi i punti salienti della Carta del Coraggio, il documento nato dalle idee dei rover e delle scolte dell’Agesci approvato al termine della Route Nazionale. I ragazzi dai 16 ai 21 anni sono stati protagonisti del cambiamento dell’associazione camminando per cinque giorni per le strade d’Italia, attraverso i 456 campi mobili (dodici in Sardegna) e poi a San Rossore per la grande festa scout che ha visto i giovani impegnati tra laboratori, incontri e confronti. Per tutto l’anno, i ragazzi hanno lavorato sul capitolo nazionale: azioni personali e collettive nate per mettersi in gioco in un percorso di crescita realizzando qualcosa che migliorasse in maniera concreta la loro realtà. Poi, la strada, il camminare nel bello del nostro Paese rivivendo le storie di chi ha dato fatto della sua vita un modo per rendersi agli altri con Don Pino Puglisi, Nella nostra isola, i percorsi hanno toccato miniere, industrie in crisi, arrivando al Parco Nazionale dell’Asinara e incontrando testimoni di coraggio. Per i 14 clan sardi e per i 25 provenienti dalla penisola, la trasferta in nave e l’arrivo in Toscana. Il 6 agosto, la cerimonia d’apertura – presente anche l’arcivescovo di Cagliari, Mons. Arrigo Miglio – l’alzabadiera e l’inno di Mameli La Route Nazionale ha visto i ragazzi confrontarsi con personalità del mondo politico e civile, come, tra gli altri, il Presidente della Camera, Laura Boldrini (che ha invitato gli alfieri a presentare il documento in Parlamento) e Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che ha ricordato ai ragazzi “che per guardare il mondo bisogna essere strabici: con un occhio guardate voi stessi ed il vostro bene, con l’altro girate liberi di vedere gli altri”
Dopo il confronto, nel primo pomeriggio di sabato, una ovazione ha segnato l’approvazione definitiva della Carta del Coraggio da parte degli alfieri che hanno rappresentato le oltre 1500 comunità R/S In serata, lo spettacolo “Battiti di coraggio” ha raccontato storie, testimonianze e presentato le canzoni della route: tra queste anche “Lungo la strada” scritta dal clan dell’Oristano 1.
Domenica la chiusura con la Santa Messa, officiata dal cardinal Angelo Bagnasco, che ha ringraziato i ragazzi per la loro presenza, il lavoro intenso e intelligente e i capi per l’ardimento e il senso del sacrificio. Sul maxipalco è salito anche il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi: “L’Italia sta iniziando una route. Oggi da San Rossore è arrivato un messaggio chiaro, la parola chiave per il nostro paese nei prossimi anni sarà Coraggio” Il primo ministro ha chiesto ai giovani di non abbandonare il Paese e, citando una frase del fondatore dello scautismo, Sir Baden Powell, “di dare un calcio all’impossibile”. Prima della benedizione finale nella messa è arrivata la telefonata tanto attesa: “Pronto, sono Papa Francesco”. La gioia dei trentamila è incontenibile. “A voi giovani dico non abbiate paura, non lasciatevi rubare la speranza, la vita è vostra per farla fiorire e dare fiori a tutti. L’umanità guarda voi in questa strada di coraggio. Un giovane non deve andare mai in pensione, deve andare avanti”, Chiusura solenne con il rinnovo della promessa scout. I trentamila giovani di San Rossore hanno cambiato l’associazione. Ora, la Carta del Coraggio è pronta per essere consegnata ad autorità civili, ecclesiastiche e associative. Le sentinelle di positività sono pronte per impegnarsi nel loro cammino sulle strade del coraggio.

cagliari globalist – Settore giovanile e brand: nasce il Cagliari duepuntozero

da Cagliari Globalist – 20 giugno 2014

Il nuovo Cagliari targato Tommaso Giulini parte dal settore giovanile e dal rilancio del brand rossoblu grazie a Gianfranco Matteoli, uomo fondamentale per i giovani talenti e Stefano Matalucci, esperto di marketing e uomo di fiducia del nuovo numero uno di Viale La Playa.

Il presidente ha annunciato l’aumento del budget per il settore giovanile che diventerà un punto di partenza per la squadra affidata a Zeman. L’allenatore boemo ha sempre con i giovani plasmando talenti come Immobile, Insigne e Verratti. Il mister potrà partire da giovani sardi come Murru, Del Fabro, Barella e Loi. Parole importanti da parte del presidente per Matteoli. Per il recordman del gol più veloce della storia della Serie A, pronto un posto nel nuovo Consiglio d’amministrazione.

Matalucci, anche lui nel nuovo CdA, ha illustrato alla stampa il rilancio del brand “Cagliari” attraverso la valorizzazione del marchio; una comunicazione più vicina ai tifosi e il coinvolgimento degli sponsor.
Tra gli obiettivi della nuova società, la creazione della Casa Cagliari, di un Cagliari Village per far vivere ai tifosi le gare con più entusiasmo e per riavvicinare le famiglie allo stadio. Dal punto di vista della comunicazione, tre i canali principali: lo stadio, per permettere ai tifosi di conoscere le evoluzioni sull’impianto cagliaritano; la squadra, con notizie ufficiali. Un canale dedicato sarà a disposizione del presidente che avrà la possibilità di far conoscere quali sono le sue idee ai supporter. Pronto anche un documento chiamato “Cagliari 2.0” che presenterà gli impegni della società. Spazio anche agli sponsor sardi che grazie al “Cagliari Network” avranno la possibilità di farsi conoscere al di fuori dell’isola.

Nel nuovo Consiglio di Amministrazione, oltre a Matteoli e Matalucci, Mariano Delogu, Alessandro Marino, Stefano Signorelli e Gianluca Serra.

cagliari globalist – Intervista con Giovanni Discolo: aprite il cuore al sorriso

da Cagliari Globalist – 26 aprile 2014

In una società modernizzata, in cui tanti fanno solo la loro parte senza preoccuparsi troppo del loro prossimo, accogliere nella propria casa un’altra persona permette di conoscere una nuova realtà, diversa da quella che viviamo tutti i giorni. Martedì 29 aprile, alle ore 17.30 nella Sala Conferenze del Distretto Socio Sanitario della Cittadella della Salute (ex Villa Clara) a Cagliari, il presidente nazionale dell’associazione “Luciano Lama”, Giuseppe Castellano, incontrerà le famiglie sarde che hanno aderito alle quarantatreesima accoglienza estiva dei bambini bosniaci. All’incontro parteciperanno, tra gli altri, anche il responsabile regionale Maurizio Corda, il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, l’Arcivescovo Arrigo Miglio, Don Marco Lai, responsabile della Caritas Diocesana. Per presentare l’associazione “Luciano Lama”, abbiamo chiesto a Giovanni Discolo, dottore in Mediazione Culturale e Cooperazione Euromediterranea, di fare il punto sull’accoglienza ai giorni d’oggi partendo dalla sua forte esperienza in terra bosniaca.

Dottor Discolo, quanto è importante oggi il ruolo del mediatore culturale?

Per comprendere in fondo il ruolo del mediatore è necessario capire il concetto di mediazione che esige innanzitutto il riconoscimento dell’altro come un “tu”. Il “tu” è il fondamento della relazione, senza la quale nessuno di noi esisterebbe.

Il mondo attuale vive nell’essere dell’Io, e il potere ha assunto questo assioma come motivazione della propria esistenza: esistere ad ogni prezzo, imporre la propria presenza ad ogni costo. Lo scopo della vita invece non può essere un’idea, nè un concetto, e neppure un progetto, ma la relazione; consiste nel ridurre l’invasione del nostro “Io” per ascoltare e sorreggere il “tu”, che deve tornare al centro di ogni riforma e di ogni cambiamento anche strutturale della società.

Il senso della vita significa abbandonare la competitività, mettere al bando la concorrenza per lasciare spazio ad anelli di solidarietà, significa “sapere”, cioè assaporare ciò che è essenziale distinguendolo da ciò che invece è superfluo. Abbiamo bisogno di riscoprire il “tu”, la relazione, il dono come elemento di realizzazione della nostra esistenza. Da qui, e non dagli interessi reciproci, potrà discendere il rispetto dell’altro e potrà scaturire il dialogo, elemento costitutivo della nostra natura. Ogni conflitto è il segno tangibile che non ha funzionato il rapporto con l’altro, che è stato negato il dialogo e che vi è qualcosa di profondamente errato nel proprio modo di vivere.
Ecco la mediazione culturale, saper mediare tra culture non perdendo mai di vista il senso della vita considerando non il proprio “Io” ma l’altro.
I mediatori infatti sono indispensabili ai fini dell’integrazione, perché in tal modo gli immigrati possono farsi riconoscere come attori imprescindibili della vita sociale, senza dei quali certi problemi non possono essere risolti.
I mediatori, creando spazi e tempi di dialogo (e non una relazione senza riconoscimento) permettono lo scambio e la cooperazione sviluppando così una dinamica sociale positiva che eviterebbe l’esclusione.

L’analisi delle pratiche dei mediatori culturali mette in luce la specificità e l’originalità delle loro competenze, offrendo indicazioni per la loro formazione e per una metodologia di lavoro complementare rispetto a quella dei professionisti ma per garantire al massimo la loro indipendenza è necessario che abbiano il sostegno dei pubblici poteri. Non ci si può aspettare che i mediatori risolvano tutti i problemi di integrazione degli immigrati; i mediatori non possono essere che un anello di una catena di azioni complesse e concertate a livello politico, economico e sociale. Dunque se mediare, significa nel senso più ampio avvicinare, facilitare il contatto, includere, incoraggiare e sostenere l’interazione e lo scambio, il compito del mediatore è perciò, da un lato quello di agevolare l’accesso e l’uso, da parte degli immigrati, di servizi, luoghi e risorse comuni a tutti i cittadini, dall’altro quello di favorire il riconoscimento, da parte del Paese di accoglienza, dei bisogni, delle specificità e delle differenze culturali, linguistiche e religiose di cui sono portatori i singoli e i gruppi immigrati.

La sua esperienza in Bosnia è stata utile per completare il suo percorso universitario ma anche dal punto di vista umano. A distanza di qualche anno, qual è il ricordo più forte dei giorni passati in terra bosniaca?

“Non è importante quanto facciamo ma quanto amore mettiamo nel farlo”. É con questa citazione della beata Madre Teresa di Calcutta che inizio le mie giornate, è con essa che auguro il buongiorno, è con questa frase che mi ritorna il sorriso sulle labbra ed è con questa stessa che voglio iniziare a descrivere la mia esperienza. Esperienza vuol dire viaggiare, conoscere nuova gente, cercare nuove amicizie, scoprire nuove culture, studiare e proprio attraverso l’esperienza e lo studio che si comprende quanto sia importante la figura del mediatore culturale.

Il tirocinio in Bosnia Erzegovina infatti, mi ha permesso di “fare esperienza” vale a dire mi ha dato l’opportunità di approfondire dei temi che stanno alla base della mia formazione. La permanenza nello Stato della ex Jugoslavia per un periodo così prolungato, ha permesso di migliorare la conoscenza della lingua inglese in quanto lingua veicolare, ma anche di apprendere delle nozioni grammaticali della lingua del luogo, di conoscere i progetti di aiuto umanitario nel settore giovanile cosa che sconoscevo permettendomi di familiarizzare con le future prospettive riguardante la mia carriera. A mio avviso, il tirocinio a mio è stata un’esperienza interessante ma anche formativa: interessante, in quanto mi ha permesso di scoprire una nuova realtà vivendo con un popolo che ha molto sofferto a causa della guerra ma nello stesso tempo formativa, in quanto ho avuto la possibilità di arricchire il mio bagaglio culturale sia dal punto di vista professionale che umanitario.

Prima della partenza per la Bosnia Erzegovina avevo un’idea un po forse negativa in riferimento a questa Nazione, ma dopo aver trascorso circa due mesi nell’ex Jugoslavia mi sono reso conto che le mie supposizioni erano infondate in quanto ho trascorso un periodo sereno, tranquillo e pieno di soddisfazioni. In primis la riuscita del progetto ma ancora più importante l’aver incontrato dei giovani che non si sono tirati indietro nel darmi il loro aiuto. Ho lavorato molto alla riuscita dell’opera ma non avrei sicuramente avuto un risultato positivo senza l’aiuto di Boban e della sua famiglia. Essi per l’intero periodo di tirocinio sono stati un aiuto prezioso. Tutte le mattine ricevevo una telefonata da Boban che mi invitava a bere un caffè o addirittura sedermi a tavola con lui e la sua famiglia per consumare insieme il pranzo. Non potrò mai dimenticare ciò che loro hanno fatto per me. I loro sorrisi, la loro gentilezza, la loro ospitalità, il loro prendermi in giro erano la carica per continuare col progetto.
Hanno fatto in modo che non sentissi la lontananza dalla mia famiglia. Mi trovavo in Bosnia ma molte volte lo dimenticavo. Credevo di essere in Sicilia soprattutto quando mi facevano trovare a pranzo spaghetti al pomodoro.
La Bosnia Erzegovina fa ormai parte di me, mi è entrata nel cuore. La popolazione è stata generosa nei miei confronti perché nonostante le loro problematiche (che a confronto le nostre sono briciole) mi hanno regalato ospitalità, amicizia, sorrisi.

Ho avuto modo di approfondire le tematiche di ospitalità e gentilezza in ogni momento della mia permanenza nella città di Srebrenica in quanto chiunque (dai giovani alle persone più grandi) mi vedeva, aveva il piacere di offrirmi un caffè o di invitarmi a pranzo dalle rispettive famiglie; Non importava che fossi straniero o non capissi la loro lingua. Per essi l’accoglienza nei confronti soprattutto degli stranieri è fondamentale. Tutte queste esperienze hanno permesso di avere solo ricordi positivi di tutto il periodo di stage.
La prima esperienza positiva è stata quella di aver conosciuto una famiglia che mi ha accolto a braccia aperte non facendomi mancare nulla dal punto di vista soprattutto affettivo. L’aver conosciuto molti giovani della zona è stato per me motivo di grande gioia creando delle amicizie che durano ancora e permettendomi di trovare più informazioni possibili per la buona riuscita del progetto e per la risoluzione delle problematiche che si potevano verificare all’interno del centro di formazione. Lasciare il passato non vuol dire dimenticarlo, ma attraverso gli avvenimenti trascorsi trovare la forza per investire sul futuro della Bosnia Erzegovina, sul futuro dei giovani e soprattutto sul futuro dei bambini.

È proprio attraverso il gesto di un bambino che voglio concludere la descrizione di questa esperienza. Mi manca il saluto di un bimbo di otto anni che abitava di fronte casa mia e quasi tutte le mattine uscendo dall’appartamento per andare a scuola mi urlava sempre: “Ciao Italiano”.

Sono state tante le famiglie sarde che hanno deciso di accogliere per qualche giorno un bambino della Bosnia Erzegovina. Che consiglio dà a queste famiglie?

Accoglienza è un termine che ha un significato ben preciso, vale a dire ricevere una persona in casa propria. Ricevere qualcuno presuppone un forte senso di responsabilità, ma soprattutto di grande umanità. L’accoglienza di un bambino è sicuramente da ritenere un gesto ancor più nobile poiché vuol dire accogliere un sorriso, sincero e puro. Chiunque può fare esperienza di accoglienza poiché non sono assolutamente richieste doti particolari ma solo la capacità di donare amore. Il termine amore non va inteso nel suo significato esclusivo, ma va inteso nelle sue mille sfaccettature.

Molte volte si fa un gesto di accoglienza con una consapevole/inconsapevolezza. Utilizzo questi termini solo per facilitarmi nell’espressione. Si è consapevoli di ciò che si dona ma inconsapevoli di quello che si riceve. Si crede di dare molto ma alla fine si rimane letteralmente folgorati dall’accoglienza per via di ciò che si riceve. Nella famiglia dei miei zii e di mia sorella vengono ospitati oramai da anni due gemelli provenienti dalla Bosnia Erzegovina. I bimbi hanno portato così tanto amore in famiglia che credevamo di dare tanto a loro ma in realtà sono stati proprio i bimbi a donare tanto a noi. Ricordo la prima accoglienza del dicembre 2010: il piccolino arrivato a casa di mia sorella non sapeva ancora pronunciare nessuna parola in italiano. La vigilia di Natale eravamo seduti a tavola per la cena della notte Santa e il bambino non sapendo come manifestare la propria gioia nell’essere in mezzo a noi si alzò dando un bacino sulle guance a mia sorella e mio cognato. Quel semplice gesto di gratitudine non poté che suscitare in noi emozioni forti. Spesso infatti sono proprio le azioni ordinarie che, se fatte in maniera sincera ed amorevole, riempiono il cuore di gioia e di felicità.

Sono molto felice che tante famiglie sarde avranno l’opportunità di fare l’esperienza di accoglienza grazie alla ONG “Luciano Lama” e al Dott. Corda.
Bisogna vivere ogni momento con i bimbi in modo sereno e tranquillo. I primi giorni saranno sicuramente i più importanti perché è in essi che avrà inizio la conoscenza reciproca ma dopo aver preso la rispettiva confidenza tutto farà parte della normalità e della quotidianità. È certo che nel primissimo periodo il linguaggio non verbale, ovvero quello del corpo, sarà di grande aiuto poiché risulterà la principale forma di comunicazione, ma pian piano, con il continuo ascolto della nostra lingua e il conseguente e rapido apprendimento il vocabolario del bimbo si arricchirà di termini italiani e, alla fine della permanenza in Sardegna già i bambini capiranno bene la lingua italiana e saranno in grado anche di comunicare in italiano. Le famiglie avranno a disposizione un’interprete di lingua bosniaca che sarà di aiuto e sostegno per tutti i momenti di incomprensione tra i bambini e i nuclei familiari . Per qualsiasi informazione sarebbe bene contattare il referente regionale Dott. Corda o la sede della ONG “Luciano Lama” ad Enna o ancora leggere le indicazioni e i consigli riportati sul sito http://www.associazionelucianolama.it. Aprite il cuore al sorriso. Sono certo che ogni famiglia che ospiterà un bimbo alla fine dell’esperienza di accoglienza sarà una famiglia rinata, nuova e che sarà testimonianza dell’amore grande e puro che chiunque è in grado di trasmettere.

cagliariglobalist – Storia di uno studente medio

Da Cagliari Globalist – 17 novembre 2013

Nella giornata dedicata allo studio, voglio raccontarvi la mia vita da studente. Sono sempre stato uno scolare nella media, roba da sei politico, niente di più. C’è stato un anno in cui ho preso solo e soltanto 5, in tutti i compiti, nelle interrogazioni. Tutt’un cinque.

Quattordici anni tra i banchi di scuola tra compagne, compagni di banco, amici di lungo corso che ritrovi dopo qualche anno, ti riconoscono per strada ma tu non sai chi siano. Il mio percorso scolastico è filato liscio fino alla terza superiore quando è arrivata la mia prima e unica bocciatura della scuola dell’obbligo. Per fortuna l’anno successivo ho vissuto di rendita tranne che per inglese, unica materia da debito formativo ma chiedendo un po’ in giro, la lingua straniera è il vero cruccio della carriera scolastica di tanti, quasi come la matematica, un vero e proprio incubo. Ogni notte, prima di un compito in classe, sognavo numeri, formule e sistematicamente davanti a quel foglio protocollo dimenticavo tutto. Le assenze sono state pochissime. Un anno sono riuscito ad assentarmi solo otto giorni in duecento giornate scolastiche. Una assenza ogni venticinque giorni. Una sorta di impiegato della scuola.

Facciamo un bel passo indietro e torniamo all’inizio della mia vita da scolare e a quel lontano settembre del 1994. L’Italia aveva appena perso i mondiali ai rigori contro il Brasile. L’allenatore del Cagliari era l’uruguaiano Oscar Tabarez e capo del Governo c’era Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia. Possiamo parlare di un ritorno al passato in tutti i sensi.
Grembiulino blu, disegno bianco sulla parte sinistra e via, tutti insieme appassionatamente verso la scuola in Via Regina Margherita a Quartu. Sempre rigorosamente a piedi. Pochi ricordi, solo qualche foto conservata negli armadi o comparse per caso su facebook qualche giorno fa. Tra i vani pensieri, le grandi gite organizzate dalla scuola. Al massimo si andava in qualche monte nelle zona. L’unica volta che la scuola organizzò una bella gita al Palazzo Viceregio io rimasi a casa con la varicella. Non proprio il massimo della fortuna. La mia vita da scolaro elementare passava tranquilla tra le cinque ore, le prime fallimentari interrogazioni e le poesie quasi mai studiate a memoria delle elementari ricordo il lavoro sullo stagno di Molentargius, cartelloni su cartelloni e tutta la ricostruzione storica di Sa Die de Sa Sardigna. Altri tempi.

Dalle elementari si passò alle medie. Era il settembre 1999, nella panchina del Cagliari c’era sempre Osar Tabarez, ma in cinque anni di allenatore ne son passati parecchi Al Governo c’era il centrosinitra con Massimo D’Alema premier.
Dopo tanti anni posso dire che è stato davvero il periodo peggiore dalla mia vita, scolasticamente palando. Il periodo in cui i ragazzini di 11, 12 e 13 anni diventano cattivi, dove vince la logica del branco e chi non è forte ne caratterialmente ne fisicamente perde e io purtroppo ho perso parecchie volte.
Troppi lividi che son rimasti nella pelle, troppe botte prese. Dalla mia esperienza, che oggi, anche se son passati quattordici anni racconto con rabbia, posso dire che il bullismo va combattuto sul serio e che non si può difendere un bullo dicendo: “ma no, è solo una ragazzata”. Ai ragazzi di oggi, quelli che passano intere giornate davanti al pc e che domani guideranno la nostra società, dobbiamo far capire che non vince il bullo ma chi ragiona con la propria testa. Per fortuna, non era tutto marcio e qualche buon compagno di classe amico esisteva e qualcuno è rimasto ancora oggi. Pochissimi i ricordi positivi. Una delle poche cose che ricordo è l’esame finale, non tanto per l’esito o per lo studio ma perché era in pieno mondiale nippocoreano con le partite che spesso si accavallavano scritti e orali. Le medie si concludono con un risultato sufficiente, niente di più, niente di meno.

Dalle medie si arriva al grande passo: le scuole superiori. Correva l’anno 2002. Già detto del mondiale e dell’eliminazione dell’Italia avvenuta per colpa della giacchetta nera Byron Moreno, nella panchina del Cagliari sedeva Nedo Sonetti. Al Governo c’era ancora una volta Silvio Berlusconi. La scelta della scuola è stato un problema affrontato qualche mese prima: io avrei voluto fare lo scientifico o addirittura il classico. Le professoresse delle scuole medie puntavano sul tecnico commerciale. Scelsi i consigli delle “odiate” docenti e finii alla ragioneria. Con il senno di poi, avevano ragione loro. Se avessi scelto il classico ne sarei uscito dopo una decina d’anni con le ossa abbastanza rotte.
Sei anni di scuola superiore. Ai giorni d’oggi, perdere un anno è diventata una cosa quasi normale. Un “trauma”da cui si esce facilmente, soprattutto quando in classe ci son compagni con una importante carriera fatta di tre o quattro anni persi. Roba non recuperabile neppure da qualche istituto paritario. I sei anni si possono tranquillamente dividere in due trienni: 2002-2005 che definire devastanti è dire poco e il triennio 2006-2008 quello della maturità, dell’uscire fuori dal guscio e provare ad essere qualcuno senza troppo fiato sul collo.

Il diploma è arrivato nel 2008, l’anno dell’Europeo austrosvizzero: prima prova dopo Francia-Italia 0-2 (Pirlo, De Rossi), seconda prova senza partite, terza prova dopo la sconfitta ai rigori contro la Spagna. Per fortuna siamo usciti dalla competizione e ho potuto preparare l’esame orale con calma e senza ansie calcistiche. La mia uscita di scena è datata 28 giugno 2008. Secondo studente del secondo turno di interrogazioni. Credo di non aver mai studiato così tanto in vita mia. Dopo un misero 28/45 agli scritti dovevo giocarmi tutto. Camicia bianca d’ordinanza, nella mano sinistra il codice civile, nella destra una bottiglietta d’acqua. Ero pronto per la sfida. Entrai in classe e parlai per oltre mezz’ora della sicurezza nel mondo del lavoro, dribblai con classe la domanda del presidente di commissione sulla Legge Biagi e cercai di portare a termine tutti i collegamenti mentali del mio percorso di studi. Dopo quasi quindici anni parlai in inglese in maniera sciolta e tranquilla. Al termine del mio colloquio, la docente di italiano, mai vista in vita mia, mi fermò e mi chiese: ma tu, da grande, vuoi fare il giornalista?

Per fortuna esiste un percorso parallelo, quello delle attività extracurricolari che permette ai ragazzi di relazionarsi con altri compagni di scuola e di fare qualcosa di più che le classiche e non troppo interessanti sei ore tra quaderni e libri. Nel mio cammino scolastico, il teatro è stato fondamentale. L’attività teatrale, così come quella musicale e sportiva, porta i ragazzi ad essere più partecipi, aumenta la concentrazione e consente a tanti di vivere una doppia vita: dalle 8 alle 13, uno studente medio scarso; dalle 15 alle 17 una persona vive, capace di divertirsi imparando qualcosa.
Se i miei voti sono stati un continuo sali scendi, l’attività “teatrale” è stata tutta una crescita: alle elementari ho cominciato facendo da guida durante le mostre, alle medie presentavo gli spettacoli e alle superiori facevo l’attore della compagnia scolastica. Ora per finzione faccio il secchione nel programma tv Fuori Onda, quasi come una sorta di legge del contrappasso: ero uno studente abbastanza scarso, ora faccio la parte di quello che sa tutto o quasi.

La mia storia è simile a tante altre. Cadiamo e ci rialziamo sempre perché la scuola è e resta la miglior palestra di vita: studio, scontri, amori e potenzialità per essere sempre pronti a prenderci una rivincita verso chi non ha mai creduto in noi.

cagliariglobalist – L’abbraccio di Conti e la resa di Salerno

Sono due le foto della domenica calcistica che affascinano e intristiscono gli appassionati del pallone. Da una parte, la folle corsa di Daniele Conti che corre dal figlio a bordo campo dopo il secondo e decisivo gol che mata il Toro allo stadio Sant’Elia di Cagliari, dall’altra la scandalosa partita all’Arechi di Salerno dove i giocatori della Nocerina hanno lasciato il campo dopo venti minuti di gioco.

Per Conti, arrivato alla presenza numero 300 in serie A, l’abbraccio con il figlio rappresenta la conclusione di una partita fantastica passata sempre lì, al centro del campo, a dare indicazione, dettare i tempi della squadra di Lopez e coronata con una doppietta, la seconda consecutiva ai danni del Torino, che lo ha reso ancora di più l’emblema di questa squadra. Una bandiera senza tempo. Una altra pagina da inserire nel bello del calcio.

A Salerno, il brutto del calcio. Tutto era cominciato con il no del questore di Salerno alla trasferta dei tifosi della Nocerina per via dei timori di possibili scontri in città. Il no ha caricato i supporter rossoneri che prima hanno tappezzato la città con le scritte “Tutti a Salerno” e ieri, prima della sfida, in una quarantina, si sono presentati sotto l’albergo che ospitava i loro beniamini intimandoli di non scendere in campo. Le minacce hanno segnato i giocatori campani che hanno prima annunciato di non voler scendere in campo e poi, dopo una lunga trattativa durata oltre quaranta minuti, hanno scelto di giocare la sfida.
Nei primissimi minuti, tre cambi e cinque infortuni. La compagine è rimasta con sei giocatori e da regolamento, l’arbitro Sacchi di Macerata non ha potuto far altro che chiudere la contesa. Al rientro negli spogliatoi, i dirigenti della Nocerina hanno annunciato le dimissioni. Rigettate nel pomeriggio di oggi dalla società. Secondo quanto raccontano le cronache, alcuni tifosi a Nocera Inferiore sono scesi in piazza festanti.

Secondo gli ultras della Nocerina però, la loro protesta era un modo per scuotere il sistema di un calcio che nega le trasferte: “a tutti gli organi di informazione che sostengono il contrario – si legge in una nota della Curva Sud Nocera – li esortiamo a chiedere direttamente ai tesserati della Nocerina dai quali ci aspettiamo comune minimo un comunicato che sgombri da ogni ombra e dubbio le accuse che ci vengono addosso”.

Per la Lega Pro, i fatti hanno creato un grave danno al calcio e alla terza divisione del calcio italiano. Il direttore generale, Francesco Ghirelli ha parlato di vergogna del pallone. Amarezza anche da parte del sindaco, Manlio Torquato, secondo cui, la scelta di negare la trasferta ai tifosi rossoneri ha fatto salire la tensione di una gara dai nervi tesi per due squadre (e tifoserie) che non si incontravano da venticinque anni.

Il presidente della Lega Pro, Macalli ha dichiarato: “Porto in Tribunale i responsabili. E’ stato fatto un danno irreparabile. Il Questore spieghi o venga trasferito sui monti sardi”. Una frase che per gli appassionati di b-movie ricordano le minacce del capo della polizia all’agente Achille Cotone, alias Diego Abbatantuono nel film “Viulentemente mia” Una battuta in stile anni ’50 che il numero uno del calcio di serie C avrebbe potuto evitare visto tutto quello che accade negli stadi italiani ogni domenica in tema di discriminazione territoriale.
Intanto il procuratore del Tribunale di Nocera ha aperto un fascicolo contro ignoti con il reato ipotizzato di violenza privata. La Digos ha identificato trenta ultrà che hanno manifestato sotto l’albergo dei giocatori per venti di loro è scattato il procedimento Daspo.

“L’anno scorso dopo una doppietta ho abbracciato il grande, ora per non farli litigare il piccolo” ha detto il Capitano ha fine gara mentre a Salerno continuavano le polemiche. L’abbraccio di chi vuole il bello del calcio e la resa di chi ha macchiato lo sport più del mondo. Ancora una volta.

Il giorno di Cagliari-Napoli. Riscriviamo la storia: battiamoli sul campo

15 giugno 1997 – La curva dei tifosi del Cagliari. [Foto tratta da gazzaspace.gazzetta.it]

Il grande giorno è arrivato.

Tutto è iniziato nel 1997 con quel tragico, calcisticamente palando, Cagliari-Piacenza 1-3. Tutto è iniziato al San Paolo di Napoli. Il gol del cobra Tovalieri non serve a nulla e il Cagliari di Mazzone va in serie B.
Da quel lontano 15 giugno 1997, i rapporti tra Cagliari e Napoli si sono incrinati pesantemente.

Internet non era ancora l’odierno circo mediatico fatto di post e di twitt ma dopo un’attenta ricerca ho trovato un articolo di Claudio Cugusi, pubblicato su L’Unione Sarda .
La storia è questa: i trentamila tifosi rossoblu arrivati in massa per sostenere la compagine sarda furono accolti con cariche della polizia, aggressioni. Due tifosi accoltellati, sei contusi. In una delle cariche alla stazione dei Campi Flegrei è intervenuto il presidente della Regione, Federico Palomba.
Il primo attacco dei napoletani fu una sassaiola contro i tredici pullman del Ctm che percorrevano via Nuova Marina. Dai bus del cagliaritani partì di tutto. Alle 14, nuovo attacco fuori da una pizzeria: insulti, botte.

Allo stadio ancora provocazioni. Un tifoso del Cagliari scambia la sciarpetta con un tifoso del Napoli e quello che poteva sembrare un gemellaggio era ben altro. Dalla tribuna centrale iniziano gli insulti verso i rossoblu e al vantaggio del Piacenza hanno esultato anche i napoletani.

Tra primo e secondo tempo inizia la battaglia: un tifoso del Napoli sfila uno striscione da sotto la curva sud, un altro stacca a uno a uno gli striscioni piantati sulle gradinate. La polizia non si accorge di nulla salvo colpire con una manganellata un tifoso rossoblu che cercava di recuperare gli striscioni. Scoppia il caos: dalla curva del Cagliari parte un lancio di bottiglie contro la polizia che risponde con una carica che non colpisce solo gli ultras ma anche tanti tifosi qualsiasi e persino Antonello Lai.
Fischio finale: il Cagliari perde e va in B ma nella curva c’è ancora tensione

Fuori dal San Paolo, alcuni tifosi in partenza per Civitavecchia hanno incrociato un gruppo di poliziotti. Qualche insulto ed è partita una nuova azione degli agenti che con i lacrimogeni e colpi di casco colpiscono sei tifosi. Poco prima della partenza, un tifoso è stato accoltellato alle gambe da quattro napoletani.

Cinque anni prima, Daniel Fonseca ex grande giocatore del Cagliari, poi passato al Napoli per quincidi miliardi, segno un gol sotto la curva nord del Sant’Elia e decise di festeggiare con un doppio gesto dell’ombrello e su quel gesto, Is Amakiaus, c’hanno pure scritto una canzone dal titolo:  Conchebestia

Poi le vittorie e i pareggi all’ultimo minuto. Conti, la bestia nera dei partenopei.
L’ultimo Napoli-Cagliari è finito 6-3 con una tripletta di Larrivey.

Oggi, a Quartu si gioca Cagliari-Napoli. Il clima è sempre molto teso e qualche giorno fa il giornalista della Gazzetta dello Sport, Mimmo Malfitano, intervistato da Radio Kiss Kiss ha cosi dichiarato: La partita di Cagliari, già di per se insidiosa, si complica per quattro motivi. Uno: lo stadio è una topaia, pare che i tifosi si trovino in mezzo al campo; secondo: l’ambiente non ci sopporta; il Cagliari è in ottimo momento di forma e a noi manca Cavani. Subito dopo però sono arrivate le scuse: “Sono mortificato. Lungi da me offendere Cagliari e i cagliaritani che, tra l’altro, adoro da sempre. Per topaia intendevo dire uno stadio caldo, senza più la pista d’atletica e con i tifosi a ridosso del campo. Forse ho utilizzato il termine sbagliato. Ma ripeto, lungi da me offendere la gente di Cagliari. E se l’ho fatto, chiedo scusa”.

Oscar Wilde diceva: il nostro unico dovere nei confronti della storia è di riscriverla.

Cagliari-Napoli, Stadio Is Arenas, ore 19.
Riscriviamo la storia, BATTIAMOLI SUL CAMPO!

Andrea Matta

ULTIME ORE DI CAMPAGNA ELETTORALE

Tabelloni elettorali - Foto tratta di Google - http://www.logismarket.it

Cosa passa nella mente di un candidato nell’ultima ora di campagna elettorale?
Nello sguardo di un candidato sindaco c’è la stanchezza di un mese di lavoro. Lo capisci da come ti guarda. Un po’ nervoso, un po’ di fretta perché tra cinque minuti ha il suo ultimo incontro con i suoi supporters, quelli che lunedì lo porteranno a sedersi in un ufficio al secondo piano del palazzo comunale.

Tanti i modi per passare l’ultima sera elettorale. Finiti i discorsi, passata l’era dei comizi, c’è chi la passa con i propri sostenitori, per cercare la forza e la carica prima delle ventidue ore di voto, che decideranno il governo della città nei prossimi cinque anni. C’è chi le passa in qualche locale con altri sostenitori, quelli che hanno organizzato un festa ad hoc, per spendere i fondi rimasti dalla campagna elettorale, c’è persino chi decide di passare con la propria famiglia, oppure sopra qualche pullman danzante a due piani.

Quello che passa nella mente di un candidato, lo capisci dagli sguardi dei ragazzi che hanno lavorato per lui, sacrificando il loro tempo per rendere migliore la loro città, organizzando qualsiasi cosa, passando ore e ore dentro una sede elettorale. Giornate fatte di pizze mangiate in piedi, di quei quattro o cinque caffè al giorno, di sedi da mettere apposto perché sta per arrivare la stampa. Ragazzi che nell’ultima serata elettorale, stanno fino all’una vanno ad attaccare gli ultimi manifesti e poi fino alle tre di notte, per finire quello che era stato comprato durante della campagna elettorale. E se rimane qualcosa, sarà consumato nella nottata di lunedì. La notte dell’attesa.

Il comune cittadino vive questa giornata di silenzio come una liberazione.
Una liberazione da tutte le promesse di parcheggi sotterranei, di lavoro, di città a misure di donna e bambino, di stadi da costruire, di turismo, di città che deve crescere etc etc.
E’ tutto pronto, anche il santino da mettere dentro la borsetta o nel portafoglio, quando dentro la cabina elettorale si deciderà chi votare oppure chi buttare giù dalla torre.

A me non resta che aspettare lunedì, quando per la prima volta racconterò i risultati elettorali in diretta per una radio. Un piccolo sogno che sono riuscito a realizzare.

Andrea Matta
Quartu, 14 maggio 2011
(Per la pubblicazione di questo post su altri siti internet, su blog o su altri media, si prega di citare la fonte. Grazie, Andrea Matta)

CAGLIARI. STUDENTI, PROFESSORI, LAVORATORI PRECARI, TUTTI A DIFESA DELLA COSTITUZIONE

Raccontare una manifestazione a difesa di qualcosa è sempre difficile. Spesso ci si sofferma su intervento, tralasciandone un altro, che magari, non si è capito oppure non sembrava troppo utile.

Ma la manifestazione in difesa della Costituzione, della scuola, dei fondi per lo spettacolo svaligiati per l’ennesima volta, era troppo importante, quasi da assenza giustificata con la presenza dei genitori, un po’ come si faceva a scuola.

Partiamo dalla fine. Nell’intervento conclusivo, il professor Gianmario Demuro ha parlato di una informazione libera, a prescindere dai giornali, dalle tv.

Ecco, questo è l’obiettivo di questo post. Raccontare quella che è stata una manifestazione, senza nessun colore politico. Non sarà un articolo di commento, per quelli ci pensano i giornalisti più seri, quelli che non stanno fino alla fine della manifestazione ma arrivano, fanno due o tre inquadrature magari al candidato di turno, una breve intervista a quello più “famoso” degli altri e se ne vanno via. Questo è un post diverso, possiamo dire con nomi e cognomi, perché chiunque interviene in queste manifestazioni deve essere trattato in egual modo.

Una manifestazione libera, con un palchetto allestito davanti al Palazzo di Giustizia di Cagliari, in Piazza Repubblica. Tutto intorno una città che si prepara a una competizione elettorale ma che questa volta, ha lasciato a casa le bandiere politiche e si è riunita sotto un unica bandiera, quella tricolore.

Tanti gli interventi, alla fine se ne conteranno diciotto

Il primo a parlare è stato Piero Ciarlo, noto costituzionalista, secondo il quale, l’obiettivo delle forze politiche è quello di conquistare tre elementi fondamentali nel nostro paese: la scuola, la cultura e la magistratura. Per Ciarlo, la riforma della giustizia, proposta qualche giorno fa dal Governo, tende a destrutturare la Costituzione e a portare la giustizia sotto il dominio dell’esecutivo. <<Le piazze con il tricolore sono le piazze che difendono la libertà. Cacceremo la cricca di corrotti>>, cosi ha chiuso il costituzionalista.

<<Lottiamo per la Costituzione, per i diritti e per la democrazia>>, ha detto Andrea Deffenu, docente nella Facoltà di Scienze Politiche. che ha parlato dell’attacco alla nostra carta costituzionale su tre fronti: parlare di riforme per nascondere l’incapacità politica ad affrontare i reali problemi del paese; un attacco storico e culturale per delegittimare le origini democratiche e repubblicane del nostro stato e un attacco insidioso ai principi del costituente che limitano il potere e il rispetto delle regole.

Come abbiamo detto nell’introduzione, non si è parlato solo di Costituzione, ma anche di scuola.
Lo hanno fatto Rita Sanna, insegnante e due studentesse universitarie, Francesca e Federica.
Per l’insegnante, la scuola e il diritto all’istruzione sono sotto un attacco sferrato da chi dovrebbe stare dalla parte di insegnanti e studenti. Tra le ragioni di questa offensiva, la principale è il finanziamento pubblico per le scuole private. Le due studentesse universitarie invece, incentrano il loro intervento sul caratterizzare lo stato sociale come stato di cultura, sulla funzione, sui diritti e i doveri della scuola pubblica e sul presupposto che lo Stato non può accettare che l’università perda la sua funzione di ascensore sociale.

C’è spazio per un altro appello accorato di un insegnante, Gianfranco Sperati. Per lui, portavoce di un gruppo di docenti di Gonnosfanadiga, il Presidente del Consiglio, non è mai stato un esempio per il rispetto della Costiuzione, non è un modello per i giovani. E’ l’esempio del ritorno del trasformismo storico, ora diventato una compravendita degna di un mercato calcistico.

Scuola ma non solo. Anche i magistrati e gli avvocati hanno partecipato a questa manifestazione. Per loro, ha parlato Antonio Volpi che dopo aver elencato gli articoli della costituzione relativi alla Magistratura e ha letto un comunicato della Associazione Sarda Magistrati. Nel comunicato, un commento sulla riforma della giustizia, che secondo l’ASM, porta la una magistratura ad una maggiore attenzione alla maggioranza politica di turno senza nessuna modifica sui processi e sulle risorse destinate al potere giudiziario.

Il momento più toccante e più sentito dalla piazza è stato il discorso di due lavoratori dell’Ente Lirico di Cagliari che, dopo il nuovo taglio al Fondo Unico per lo Spettacolo, hanno visto peggiorare ancora una volta la loro situazione. <<Il teatro versa in una condizione terribile. Se l’Ente Lirico sparirà sarà un danno per tutta la città. Scenderemo in piazza per il teatro della vostra città e lo faremo organizzando una manifestazione pubblica e un concerto gratuito al Bastione di San Remy il 17 marzo, dalle 11 alle 13. Noi non abbiamo mai smesso di esibirci, dobbiamo batterci per difendere il nostro futuro>>.

Scuola, teatro ma c’è spazio anche per la libertà di culto religioso, con l’intervento di Cristina Arcidiacono rappresentante della Chiesa evangelica battista di Cagliari. <<Lottiamo per la laicità dello Stato, per la libertà sul testamento biologico, per una alternativa all’ora della religione cattolica nella scuola pubblica e perché la diversità religiosa sia una ricchezza>>.

In piazza a difesa della Costituzione c’è spazio anche per personalità diverse, come lo scrittore cagliaritano Flavio Soriga e Don Ettore Cannavera, direttore della Comunità La Collina. <<Siamo qui per difendere una costituzione democratica e la scuola pubblica>> ha detto Soriga, mentre Cannavera, non potendo essere presente in piazza ha inviato una lettera, letta dal presentatore della manifestazione, il giornalista Rai, Ottavio Olita, nella quale ha ricordato che perdere la libertà di espressione significa perdere la democrazia e che è più pericoloso il silenzio dei poveri innocenti che il danno dei potenti.

<<Un paese ha bisogno di lavoratori per renderlo migliore. Il rispetto dell’articolo 1 della nostra Costituzione significa rispettare i lavoratori>>, cosi Nicola Marongiu, Segretario della Camera del Lavoro di Cagliari.

Olita chiede un minuto di silenzio per la tragedia che ha colpito in Giappone. Un minuto di silenzio assoluto, intenso in tutta la piazza. Forte applauso e spazio per un altro intervento, quello di Carlo Cotza, Presidente dell’Associzione ARC di Cagliari che ha incentrato il suo intervento sul rispetto dell’articolo 3 della nostra Carta, che si riferisce al rispetto dell’eguaglianza formale e sostanziale e sulla diversità, vista ancora una volta come valore e sulla mancanza di leggi a tutela della minoranze di genere.

Ancora una storia sul lavoro, sul lavoro precario, quella portata sul palco da Manuela Bornia, che nella condizione di cassaintegrata si sente privata di un ruolo attivo nella società e di uno stato fondato sul lavoro. Racconta del precariato fatto di remunerazioni arrivate in ritardo e la lotta per realizzare i suoi sogni di libertà.

Nella scaletta degli interventi vige l’alternanza e dopo l’intervento di una cassaintegrata, sale sul palco Gianluca Scroccu, presidente della Fondazione Luca Raggio, che ricorda la vita di un sindacalista del dopoguerra come Giuseppe Di Vittorio e riprende la linea seguita negli interventi che l’hanno preceduto <<Viviamo in un Italia che distrugge la cultura. Diciamo no a chi tagli i fondi il sapere e ci togli e i libri>>

Tra i temi trattati durante la manifestazione, c’è anche la sanità. Ne ha parlato Gisella Trincas, presidente dell’Associazione ASARP. <<In questo paese sono stati negati i servizi sociali, la tutela alla salute, la distribuzione dei farmaci e soprattutto la tutela alla sanità mentale>>. Trincas ha ricordato anche gli squilibri nella sanità tra regioni del nord e quelle del meridione e gli squilibri interni in una regione come la Sardegna, che nel campo della sanità mentale sono stati creati dalla Giunta regionale e dall’Assessore alla Sanità.

Due studentesse del Liceo Dettori di Cagliari, hanno poi presentato una petizione contro le parole del Premier rivolte agli insegnanti della scuola pubblica, che secondo Berlusconi non sono in grado di educare. Nelle parole delle studentesse, torna il tema di una scuola pubblica che insegni a pensare liberamente, in modo laico e in una società basata sulla democrazia.

L’ultimo intervento è stato quello di Marcello Abis attivista di Agende Rosse Sardegna. <<Dobbiamo combattere le indifferenze, vigilare sulle conoscenze e portare avanti le nostre idee con coraggio. Portartiamo la mafia fuori dallo Stato e ripartiamo dal senso civico>>.

Torniamo al punto da cui abbiamo iniziato, alle parole del professor Demuro sulla libertà di stampa, sul non abbandonare la piazza dopo questa importante manifestazione. <<Ognuno si senta responsabile della Costituzione>>.

Faccie, volti e storie. Tutte insieme. Negli occhi degli studenti, dei professori universitari, dei giornalisti, dei precari del Teatro Lirico, degli operatori della sanità, dello spettacolo, nel raccoglimento per le vittime dello tzunami in Giappone, c’è tutta una piazza, che senza colore politico, ha voglia di ricominciare.

Ricominciare a pensare al proprio futuro.

Andrea Matta

Quartu, 12 marzo 2011

(Per la pubblicazione di questo post su altri siti internet, su blog o su altri media, si prega di citare la fonte. Grazie, Andrea Matta)

Tricolore sulla gru - Foto di Giuseppe Vizzini

RAI 3. VIENI VIA CON ME, 4a E ULTIMA PUNTATA. FAZIO E SAVIANO CON DARIO FO’, DE GREGORI, GABBANELLI, ELIO E LE STORIE TESE, SILVESTRI

Ultima puntata di “Vieni via con me”, programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano. In questa puntata, lo scrittore parla del terremoto de L’Aquila, Machiavelli letto da Dario Fò,  Francesco De Gregori canta Vieni via con me, l’elenco di Fabio Fazio, Elio e le Storie Tese cantano La terra dei cachi, l’elenco di Milena Gabbanelli: le cause che incombono su Report e l’Italia di Enzo Biagi letta da Fazio  e Saviano

ROBERTO SAVIANO PARLA DEL TERREMOTO DE L’AQUILA

L’ITALIA DI ENZO BIAGI

DARIO FO’

FRANCESCO DE GREGORI CANTA VIENI VIA CON ME

L’ELENCO DI FABIO FAZIO

ELIO E LE STORIE TESE CANTANO “LA TERRA DEI CACHI”

L’ELENCO DI MILENA GABBANELLI

BENEDETTA TOBAGI, FIGLI DI UN GIORNALISTA ASSASSINATO IN UN ATTENTATO TERRORISTICO NEL 1980

IL MONDO PRECARIO DI DANIELE SILVESTRI

GLI ELENCHI DEGLI UNIVERSITARI CAGLIARITANI NEL PALAZZO DELLE SCIENZE

Fabio Fazio e Roberto Saviano - Foto da televisionando.it

CARA POLITCA QUARTESE, DOVE ERAVAMO RIMASTI? SGOOB: ECCO LA MARGINE ROSSO ARENA

Beh, devo dire che  i miei resoconti sui consigli comunali di Quartu, mancavano da un po’. Con questo post, cercherò di recuperare il tempo perduto andando a riassumere brevemente quello che è successo nelle ultime due assise comunali, la situazione dei due partiti più importanti in città. PdL e PD e poi una notizia che riguarda la prossima estate quartese.

CONSIGLIO COMUNALE 26 OTTOBRE 2010 Consiglio rinviato di un giorno visto la mancanza del numero legale. Tra gli ordini del giorno approvati dal consiglio, quello relativo alla modifica della convenzione nella zona di Santa Anastasia: la cessione di parte dell’area con la costruzione di case di tipo economico o popolare (17 favorevoli, 8 contrari).
Per Marini (Riformatori), la modifica della convenzione, ottimizza gli impegni dell’amministrazione e consente il rispetto delle previsioni di bilancio. Per Secci e Ruggeri (PD), non è sicura la costruzione della scuola materna e proprio l’ex Sindaco, che parla di una velocizzazione dell’azione amministrativa per monetizzare in vista del prossimo bilancio.

CONSIGLIO COMUNALE 03 NOVEMBRE 2010 Assise velocissima, conclusa nel giro di un’ora. L’Assessore all’Urbanistica, Francesco Caput, ha risposto a due interpellanze presentate dall’opposizione in merito ai casi di abuso edilizio per i quali non sia proponibile l’istanza di concessione in sanatoria e un’altra relativa all’intervento proposto di Housing sociale.
Nel primo caso, da parte del Comune non è stata concessa nessuna sanatoria, nel secondo caso l’opposizione, ha contestato alla giunta la poca pubblicità in merito al bando regionale, chiedendo l’avvio di nuove politiche sociali con riferimento alla costruzione di 80-100 abitazioni nella zona delle Fornaci Picci. L’assessore ha dichiarato che la riqualificazione di un’area come quella delle Fornaci attraverso la costruzione di alloggi e di servizi sarà un punto di forza per l’amministrazione e che nell’ambito dell’housing sociale non rientrerebbero le fasce medio-basse. Sarà compito dell’amministrazione affiancare alla tipologia dell’housing sociale, anche altri interventi di tipo pubblico.

PDL E PD Molti si chiedono: ma come stanno i due maggiori partiti della città? La situazione vista dall’esterno è molto diversa. Partiamo dal partito vincitore, il PdL che malgrado le grane nazionali (Fini resta, Fini va, Fini è già andato ma non se n’è accorto nessuno o quasi, Fini sta far cadere il governo, oggi si, domani mah, etc etc.), sabato 6 novembre ha inaugurato la sua prima sede ufficiale a Quartu. Presenti le massime cariche del partito a livello locale. Il Sindaco Mauro Contini ha fatto gli onori di casa, presentando i tanti consiglieri comunali presenti alle personalità del partito, il sen. Salvatore Cicu, l’attuale coordinatore regionale l’on.Mariano Delogu, il neo coordinatore provinciale del partito, Eduardo Usai e il sindaco di Cagliari, Emilio Floris. Nelle prime file anche Ada Lai, da molti indicata come il prossimo candidato a sindaco del capoluogo e alcuni consiglieri regionali. Per impegni istituzionali, assente il Governatore Ugo Cappellacci. Nelle parole dei presenti, il grande senso di unità del partito. Per il Sindaco Contini, l’attuale situazione del PdL a livello nazionale deve far arrivare ai militanti un senso di unione, una dimostrazione di forza e di coesione. La presenza di Emilio Floris, sindaco del capoluogo in cui si inizia a sentire aria di comunali, ha fatto nascere una chiacchierata su un tema di gran moda di questi tempi: primarie si o primarie no? Molta incertezza da parte di Delogu: <<Ma siamo sicuri che chi perde le primarie sarà pronto a combattere al fianco di chi uscirà vincitore?>> Dello stesso avviso Cicu, che ha voluto parlare dell’attuale situazione riguardo al partito a livello nazionale. Si è detto favorevole ad una apertura verso i finiani ma chissà se dopo il discorso di Fini, l’onorevole sarà dello stesso avviso. Usai invece è stato a dir poco categorico: <<Non esiste un’altra destra, non si devono imbrogliare gli italiani>>.
Ma qual’è la situazione del Partito Democratico cittadino? Mentre il Pd nazionale deve combattere o far coesistere, scegliete voi, le idee dei nuovi politici in rampa di lancio, Matteo Renzi per citarne uno, con le idee del segretario Bersani, il Pd quartese è fermo, arenato da una sconfitta che forse è stata mal digerita dal gruppo dirigente o che forse è stata troppo ampia per essere capita e metabolizzata con facilità. Eppure l’attività dei consiglieri PD è molto proficua. Tante interpellanze, tante interrogazioni..mah.. Gli elettori e i simpatizzanti aspettano un segno della dirigenza per far riparte, anche dai giovani del partito, la macchina PD.

QUARTU GRANDI EVENTI: LA MARGINE ROSSO ARENA Questa la possiamo considerare una news. Tra le tante delibere della Giunta Comunale, la prima che è subito balzata all’occhio è stata quella di un nuovo progetto per rilanciare la Quartu degli spettacoli e dei concerti. E’ ufficialmente partita l’operazione “Quartu 2011- Margine Rosso Arena” una serie nove di concerti per far rivivere il litorale di Quartu. Secondo gli intenti della manifestazione, sarà un punto di riferimento per un pubblico vasto ed esigente. Sarà costruita una struttura polifunzionale studiata per raccogliere un pubblico di diverse migliaia di persone e sarà creato un vero e proprio Villaggio della Musica. Cosi, si da nuova vita ad un litorale spesso dimenticato e si cercherà di portare nella terza città della Sardegna artisti del calibro di Caperezza, Fabri Fibra, Sud Sound System e Bandabardò, solo per citarne alcuni. Tutta l’operazione ha un valore di 391 mila euro, di questi, ottantamila dalla Regione e centomila messi a disposizione dal Comune.

Il Sindaco Contini ha fatto finalmente valere la sua delega per i grandi eventi. Proprio di questa delega e di tanti altri temi, si parlerà nel prossimo consiglio comunale, quello convocato per martedì 9 novembre. Una assise comunale un po’ particolare: ogni consigliere avrà la possibilità di presentare una interrogazione al Sindaco oppure agli assessori che, in base all’articolo 52 del Regolamento del Consiglio Comunale daranno una risposta immediata. Sarà un question time in piena regola.
La domanda che tutti i cittadini quartesi si pongono è sempre la stessa: maggioranza e opposizione riusciranno a parlare dei problemi della città? A consiglieri, l’ardua sentenza

Andrea Matta
Quartu, 7 novembre 2010

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Come sarà la Margine Rosso Arena? - Foto dell'Arena di Fermo

 

QUANDO L’ITALIANO MEDIO GUARDA DAL BUCO DELLA SERRATURA

All’italiano medio piace guardare dal buco della serratura. Su, diciamo la verità, l’abbiamo fatto tutti. C’è solo un piccolo particolare: siamo passati dai film anni ’80 di Lino Banfi alla villetta di Avetrana. Pensiamo alla situazione cagliaritana in questi giorni. Chi passando in Via Roma non ha buttato un occhio sui pastori e sul loro sit-in, sui loro striscioni oppure chi non ha guardato i lavoratori della Geas sul tetto della stazione centrale. Qualcuno spera che possa succedere qualcosa di brutto per poter dire: <<Io lo sapevo! Io l’avevo detto>>

A noi italiani c’è sempre piaciuto guardare da quello spioncino. A qualcuno questa pratica è stata insegnata all’età di tre-quattro anni quando l’altezza favoriva il gioco. Forse è un’evoluzione tecnica dell’origliata. Ora all’orecchio vogliamo aggiunge anche il nostro occhio migliore, sinistro o destro decidete voi. Per i miopi e gli astigmatici non c’è problema, se l’obiettivo è troppo lontano ci sono sempre i cari e vecchi occhiali.

Pensiamo a quello che sta accadendo ad Avetrana, la vicenda di Sarah Scazzi. Questa storia è stata sempre caratterizzata dalla presenza di una telecamera. Tutto inizio così.<<Signora Concetta, suo cognato ha confessato. Stanno cercando il corpo di sua figlia. Vuole lasciare lo studio?>>. Poi siamo passati alle dirette fiume dei programmi del pomeriggio, tv pubblica o tv private fa davvero poca differenza: <<E’ arrivata la figlia del mostro, anche lei è stata arrestata, Massimo, siamo in prima fila>>. Torna alla luce la figura dal giornalista-sciacallo tanto cara alle redazioni dei nostri tg già nei casi di Erika e Omar, della villetta di Cogne etc etc..
Sul giallo di Avetrana, vi consiglio il servizio realizzato dalla iena Enrico Lucci.
Restiamo nel paesino in provincia di Taranto e torniamo al nostro caro spioncino. Domenica scorsa, il sindaco di Avetrana ha chiuso le strade di accesso al paese. Motivo: troppi curiosi vogliano vedere i luoghi del giallo. La casa del mostro, la casa della ragazza e il top del viaggio è una bella visita nel pozzo della vergogna. Ci mancano solo le magliette con la scritta “Io c’ero”.

Ecco i frutti del tragico passaggio dalla commedia sexy degli anni 80 al modellino vespiano dei giorni nostri. A che punto siamo arrivati? E soprattutto, siamo arrivati al punto di non ritorno?
Questo omicidio ha permesso la cancellazione di tanti titoli dai nostri giornali. La casa di Fini a Montecarlo, un paese che va a rotoli. Ogni tanto sale il livello di mondezza a Napoli, ma il tempo che i nostri politici possano rilasciare dichiarazioni che favoriscano la calma e tutto torna nella normalità.
Questo giallo ci ha permesso anche di mettere in secondo piano il Grande Fratello, il più grande esempio di buco della serratura nella nostra tv. Vi invito a fare un esperimento: guardate il programma senza l’audio della casa. E’ come vedere una sitcom. La prima puntata è stata quasi imbarazzante. Ventenni felici di entrare in una casa con ottanta telecamere, con altri quindici squilibrati a mostrare lati A e lati B come se piovesse. Tutti gli italici stereotipi sono ben rappresentati: il romanaccio, la pivella di turno magari anche lesbica, la napoletana, il figlio del camorrista, un futuro padre musicista che partecipa al gioco per dare un futuro migliore a suo figlio.

Io non sono uno di quelli che dice: <<Naaa, io non lo guardo, è spazzatura>> e poi magari vai a scoprire che sanno tutto: nome, cognome, età, peso e pratiche sessuali dei concorrenti. Io ho sempre guardato il programma ma ora lo guardo con un senso critico e con la speranza che nulla di ciò che vedo sia reale.

Cosi, la vita procede tra mille impegni, tra una nuova protesta di qualche gruppo di lavoratori e un clima che si fa sempre più freddo sempre pronti per buttare un occhio dall’altra parte della porta

Andrea Matta
Quartu, 26 ottobre 2010

(Per la pubblicazione di questo post su altri siti internet, su blog o su altri media, si prega di citare la fonte.   Grazie, Andrea Matta)

Una foto dal buco della serratura